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VAN GOGH – Alle soglie dell’eternità

di Julian Schnabel

(At Eternity’s Gate) REGIA: Julian Schnabel. SCENEGGIATURA: Julian Schnabel, Jean-Claude Carrière, Julian Schnabel, Jean-Claude Carrière. INTERPRETI: Willem Dafoe, Rupert Friend, Oscar Isaac, Mads Mikkelsen, Emmanuelle Seigner, Niels Arestrup, Stella Schnabel, Victor Pontecorvo, Frank Molinaro, Alan Aubert. FOTOGRAFIA: Benoît Delhomme (Formato: Cinemascope/ Colore). MUSICA: Jean Paul Mugel, Dominique Gaborieau. PRODUZIONE: Iconoclast, Riverstone Pictures, Spk Pictures. DISTRIBUZIONE: Lucky Red. GENERE: Drammatico. ORIGINE: Francia. ANNO: 2018.  DURATA: 110’. –
Coppa Volpi per Il miglior attore a Willem Dafoe alla 75. Mostra di Venezia (2018)

Non un classico biopic, ma un’opera sul significato dell’essere artista. Così il pittore e regista newyorkese Julian Schnabel descrive il suo film su Van Gogh, At Eternity’s Gate. Obiettivo del regista, tornato dietro la macchina da presa a otto anni da “Miral” e a 22 dal suo esordio, “Basquiat”, è catturare quello che è spesso stato trascurato da altri film dedicati agli artisti: l’atto del creare quei magici momenti destinati a sfidare l’eternità, l’intensità dell’ispirazione, la devozione alla propria passione e anche la fatica fisica. «Si sono dette tante cose su Van Gogh e molti pensano di sapere tutto su di lui – dice il regista – ma nel film ho mostrato non quello che ho letto nelle sue lettere, nelle biografie spesso anche leggendarie, ma le mie reazioni ai suoi dipinti, l’immaginazione suscitata in me dalle sue opere». A interpretare Van Gogh con impressionante mimetismo è Willem Dafoe (premiato con la Coppa Volpi al Festival di Venezia) che dà vita a un nuovo personaggio iconico al cui spirito il film rende omaggio. At Eternity’s Gateè dunque un’opera prismatica costruita sulla base di suggestioni, un mosaico che si ricompone a mano a mano che osserviamo Van Gogh parlare con diversi personaggi dipinti nelle sue tele. La struttura procede dunque per accumulo delle tante emozioni provate di fronte alle opere del pittore che raccontano la sua vita prima del ricovero in manicomio. «Non sappiamo cosa Van Gogh e le persone che incontrava e poi dipingeva si siano detti, possiamo solo immaginarlo. At Eternity’s Gate è un’opera di finzione e l’unico modo di descrivere un’opera d’arte è fare un’opera d’arte». Il Van Gogh di Schnabel legge Shakespeare, va nel sud della Francia in cerca della luce del sole che nessuno ha mai dipinto, contempla la natura, si immerge nel creato, riflette sulla bellezza e sull’arte, sogna di cambiare il rapporto tra realtà e pittura, lavora per dimenticare se stesso entrando in uno stato febbrile, diventa amico di Paul Gauguin, si sente vicino a Cristo, lui cresciuto con una educazione fortemente religiosa. «Pensava che il libro migliore mai scritto fosse la Bibbia» dice il regista. Il film inoltre, sposa la tesi dell’omicidio del pittore, come aveva già fatto il film di animazione “Loving Vincent”. «Volevamo smentire – continua il regista – l’immagine di un artista maledetto, cupo e depresso. La lucidità di Van Gogh è fuori discussione, aveva capito che la sua semina avrebbe portato frutti solo dopo la sua morte, e che non sarebbe vissuto a lungo».

*At Eternity’s Gateè un viaggio nella mente di Vincent Van Gogh: è il ritratto personale di Julian Schnabel che non è solo regista ma pittore, l’omaggio vibrante e rispettoso di un artista a un altro artista. Van Gogh ha le tele e il treppiedi sulle spalle a mo’ di zainetto, cammina svelto attraversando i campi di grano, e lo spettatore in quei primi piani ossessivi cammina con lui, accecato dal sole della Provenza che penetra nello schermo.

 

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