IL RITRATTO NEGATO
di Andrzej Wajda
(Powidoki) REGIA: Andrzej Wajda. SCENEGGIATURA: Andrzej Wajda, Andrzej Mularczyk. INTERPRETI: Boguslaw Linda, Aleksandra Justa, Bronislawa Zamachowska. FOTOGRAFIA: Pawel Edelman (Formato: Cinemascope/Colore). MUSICA: Andrzej Panufnik. PRODUZIONE: Akson Studio. DISTRIBUZIONE: Movies Inspired. GENERE: Drammatico. ORIGINE: Polonia. ANNO: 2019. DURATA: 98’.
Il film è ambientato nella Polonia post bellica. Il famoso pittore Władysław Strzemiński è professore nella Scuola Nazionale di Belle Arti di Łódź. Grande artista e co-fondatore della corrente dell’Unismo, viene considerato dai suoi studenti come il “Messia della pittura moderna” anche se le autorità universitarie e il ministro della Cultura non sono dello stesso parere. Diversamente dagli altri artisti, fedeli alle dottrine del Partito Socialista, Strzemiński infatti non compromette la sua arte e, in quanto si rifiuta di assecondare le regole di partito, viene espulso dall’università e dal sindacato degli artisti. I suoi studenti, però, continuano a sostenerlo frequentando le sue lezioni in forma privata e trascrivendo la sua “Teoria della Visione”. Senza lavoro e indebolito per l’amputazione di un braccio e una gamba, Strzemiński continua a subire l’azione denigratoria dei vertici del partito nonostante la sua condizione di povertà e indigenza….E’ venuto a mancare nel 2016 all’età di 90 anni, Andrej Wajda, uno dei più importanti autori del cinema europeo, regista dalla lunga e nobile filmografia, cominciata nel 1957 con “I dannati di Varsavia”, Palma d’argento a Cannes, proseguita con “Ceneri e diamanti”, Premio Fipresci a Cannes 1959, e poi proseguita lungo tutta la seconda metà del secolo, con tanti titoli, alcuni memorabili, anzi indimenticabili (“Katyn”, 2007; “Walesa”, 2013) e altri ancora fino a questo Il ritratto negato (realizzato nel 2015 e che solo ora giunge in Italia grazie a Movies Inspired) che racconta la storia vera di Wladislaw Strzeminski, pittore ma soprattutto teorico dell’arte e professore capace di coinvolgere attorno a sé molti giovani desiderosi di appendere il suo sapere. La parabola del pittore polacco è esemplare di come un uomo libero diventi in breve tempo uno schiavo di una ideologia che lo chiude e lo stringe senza respiro e rappresenta una summa dell’impegno sociale e artistico di Wajda.
*L’ultimo film della lunga e cruciale carriera di Andrzej Wajda, finito appena in tempo, contiene molti dei temi affrontati in carriera dal grande autore polacco. Su tutti la storia tribolata del suo paese, le tante ferite difficili da rimarginare, subite da est come da ovest, come al suo interno. Questa volta, nel raccontare la storia di uno dei maggiori pittori nazionali della Polonia post bellica, lo fa illuminando il coraggio di un innovatore mai domo, incapace di accettare i compromessi e le regole liberticide del partito. Un ritratto morale realistico e toccante, una degna ultima pagina scritta da Wajda, dopo tante che hanno segnato il cinema del suo paese, e non solo. L’uomo messo in scena è il pittore, ma il film può essere visto anche in chiave autobiografica, il protagonista in realtà può essere Wajda stesso, troppo spesso costretto ad abiure e mezze verità, a film che avrebbe voluto fare, o fare in un certo modo e non ha potuto. Grande affresco, sentita riflessione sulla storia europea in senso ampio del XX° secolo, il film è il testamento artistico di un grande autore.