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Patagonia - Film (2023) - MYmovies.it“PATAGONIA”, tra periferie geografiche e dell’anima, un amore che non è amore

                        di Giacomo Mininni

Dopo alcuni cortometraggi e il successo di un videoclip per i Måneskin, debutta sul lungometraggio Simone Bozzelli, regista esordiente classe 1994, un giovanissimo con uno sguardo sul mondo inquieto e brutalmente sincero.

Quella raccontata da «Patagonia» non è e non vuole essere una bella storia, non è un mélo romantico né l’evoluzione di un amore: quello di cui parla l’esordiente Simone Bozzelli è un rapporto tossico di codipendenza, una relazione in cui i sentimenti diventano leve di potere e merce di scambio, cronache da una periferia “disagiata”, in tutti i sensi.

Il protagonista è Yuri, un diciannovenne orfano e un po’ tardo che vive con le zie. Un giorno Yuri incontra a una festa per bambini Agostino, animatore girovago, e ne rimane talmente affascinato da fuggire con lui: quella che sembra una fiaba romantica è in realtà l’inizio di un rapporto violento, malato e morboso.

A livello narrativo, la simbologia utilizzata è chiarissima fin dall’inizio: la scena si apre su alcuni cagnolini abbandonati, che (si) offrono a chiunque possa dar loro un po’ di affetto e attenzioni, per chiudersi poi su un altro cane, tenuto sempre al guinzaglio “perché si sente più sicuro”, e che tanto “non andrebbe da nessuna parte neanche se lo slegassi”. Il parallelismo tra Yuri e il cane è ovvio e immediato, e il suo modo di rapportarsi ad Agostino, manipolativo e abusivo, è esattamente quello che ci si aspetterebbe da un cucciolo che continua a tornare nonostante le botte del padrone.

Se la sceneggiatura presenta però ancora qualche superficialità e ingenuità di troppo, specie nell’evoluzione del protagonista, a livello di regia Bozzelli dimostra di essere un talento dalle enormi potenzialità. Il giovane regista prova di sapersi fidare delle immagini, e lo fa con uno stile spietato nei confronti della resistenza dello spettatore, indugiando tanto a lungo sulle singole sequenze da fare quasi invocare al pubblico un taglio per poter respirare. L’espediente, e qui sta il merito, non è però fine a se stesso: la tensione emotiva e psicologica che si viene a creare, il senso di disagio, di perplessità, di disgusto che emerge da alcune sequenze, coinvolge in profondità chi guarda nella complessità di una relazione malata, restituendo tutto l’impatto di un rapporto di codipendenza che fa male, ma da cui non si riesce ad allontanarsi.

Il disagio raccontato da Bozzelli non è solo realistico, è reale: lo è il disagio sociale della comunità dei rave che passa senza soluzione di continuità dalle feste a base di alcol e droga agli asili familiari per tenere i bambini, lo è il disagio psicologico di personaggi senza equilibrio, senza stabilità, senza orizzonti che non siano quelli di sogni irrealizzabili, e lo è soprattutto il disagio emotivo di una generazione portata a considerare anche il proprio corpo e i propri sentimenti come una merce, qualcosa da vendere, da comprare, da barattare.

«Patagonia» non fa sconti, né tematici né puramente visivi, nel chiamare le cose con il proprio nome, e sfida – anche con qualche eccesso – una autocensura comune nel cinema contemporaneo non però per inseguire lo scandalo fine a se stesso, ma per arricchire un ritratto umanamente desolante ma sincero negli abissi che vuole esplorare.

Simone Bozzelli è un autore in formazione, ancora per molti versi grezzo nella forma e poco raffinato nella messa in scena, ma pur nell’imperfezione denota una buona propensione alla narrazione, un talento che vale la pena tenere d’occhio.

PATAGONIA di Simone Bozzelli. Con Andrea Fuorto, Augusto Mario Rossi, Elettra, Dallimore Mallaby, Alexander Benigni. Italia, 2023. Drammatico.

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