“TATAMI” come imparare dal judo il rispetto dell’avversario.
Diventato di drammatica attualità, ecco la pellicola di una iraniana e un israeliano che, in nome dell’arte e dello sport, cercano di superare i conflitti tra i loro paesi
di Marco Vanelli
Tiblisi, Georgia. Ai campionati mondiali femminili di judo partecipa Leila Hosseini, campionessa iraniana, accompagnata dalla squadra del suo paese e dalla severa allenatrice Maryam. A casa marito e figlio piccolo seguono l’evento sportivo dalla televisione, assieme agli amici che tifano per lei. Prima dell’incontro Leila si sofferma a salutare con confidenza l’atleta israeliana, sotto lo sguardo vigile di Maryam. Leila è intenzionata a ottenere la medaglia d’oro: lo dimostra la straordinaria determinazione nello smaltire, sudando per 30 min. su una cyclette, i grammi in eccesso rispetto ai 60 kg. previsti dal regolamento. Dopodiché comincia a lottare e vince la prima gara. Vince ancora. Vince troppo. Maryam a quel punto riceve una telefonata dal suo governo: basta, Leila deve ritirarsi con una scusa, non può rischiare di confrontarsi con la collega israeliana, esponente di un popolo nemico, di uno stato che l’Iran nemmeno riconosce, per di più con il rischio – Allah non voglia – di venire sconfitta.
Ecco che da quel momento si tratta di fare delle scelte – sportive, etiche, personali – che avranno ripercussioni non solo su Leila. Si tratta di dar retta al ricatto affettivo, alla prudenza, al buon senso oppure al riscatto, all’affermazione del proprio sogno, all’emancipazione dalla dittatura politica, maschile, teocratica.
Il tatami del titolo è il tappeto dove si svolgono gli incontri di judo, zona franca in cui lo scontro è puramente sportivo, dove regna il fair play, il rispetto dell’avversaria pur nell’esercizio della forza fisica tesa alla vittoria. E il film è un bell’esempio di dramma sportivo con evidenti richiami alla situazione internazionale, alla condizione delle donne in Iran, alla solidarietà femminile contro ogni sopraffazione. Tanto più che Tatami è diretto a quattro mani dall’iraniana Zar Amir (attrice già premiata a Cannes nel 2022 per Holy Spider, qui nella parte di Maryam) e dall’israeliano Guy Nattiv (premio Oscar nel 2019 per il corto Skin), a dimostrazione di una volontà di superare le barriere in nome dell’arte e di ideali umanitari comuni. Così i due autori: «Possa questa collaborazione cinematografica e artistica essere un tributo a quegli artisti e a quegli atleti e a tutte le persone che si battono per guardare al di là della frenesia dell’odio accecante e della reciproca distruzione e che, nonostante tutti gli ostacoli, costruiscono insieme un futuro».
Il film, al netto di qualche semplificazione narrativa, si segnala per la felicità delle scelte espressive, con un bianco e nero contrastato come il conflitto che vivono Leila e Maryam; un montaggio serrato che ci dà il pathos della cronaca dei combattimenti alternata a brevi flash back che restituiscono un tessuto umano di affetti e relazioni; dei punti di osservazione inusuali e un sonoro selettivo tra voci, rumori, respiri e pulsazioni. E un’improvvisa apertura di sguardo nell’epilogo, con il cambio di formato rispetto al 4/3 con cui siamo stati addosso alle protagoniste per tutto il racconto. Un racconto che prende strade inaspettate, come fa la macchina da presa nelle due inquadrature gemelle che aprono e chiudono il film: prima il mondo esterno visto dal finestrino di un pullman (stilema tipico di tanto cinema iraniano: il finestrino è già uno schermo sulla realtà), poi la carrellata che sembra procedere verso una ragazza intenta ad ascoltare musica nelle cuffie, salvo poi sterzare verso qualcun’altra, con la sua storia, il suo sguardo sul futuro, i suoi legami con il passato, bello o brutto che sia.
TATAMI. UNA DONNA IN LOTTA PER LA LIBERTÀ
Regia: Zar Amir e Guy Nattiv; sceneggiatura: G. Nattiv e Elham Erfani; fotografia (b/n): Todd Martin; scenografia: Sofia Kharebashvili; musica: Dascha Dauenhauer; sonoro: Ronen Nagel; interpreti: Arienne Mandi, Zar Amir, Jaime Ray Newman, Mehdi Bajestani; produzione: Keshet Studios; origine: Georgia-Usa, 2023; formato: 1:1,37 e 1:1,85; durata: 102 min.
Fonte: ToscanaOggi.it del 18/04/2024