“IDDU, l’ultimo padrino”, un puzzle sulle zone d’ombra della nostra società
Ispirandosi alle vicende di Matteo Messina Denaro, Grassadonia e Piazza abbandonano il realismo storico per stravolgere i codici della rappresentazione della mafia
Di Lorenzo Pierazzi
“La realtà è un punto di partenza, non una destinazione” è la citazione che appare sullo schermo all’inizio di Iddu – L’ultimo padrino, una precisazione da parte dei registi Fabio Grassadonia e Antonio Piazza destinata ad avvisarci che stiamo per assistere ad un film che intende mettere al bando ogni forma di realismo storico, magari anche stravolgendo quelli che sono i codici classici della rappresentazione della mafia al cinema. E fin dalla prima sequenza ne abbiamo una conferma perché, mentre lo spettatore è convinto di trovarsi davanti ad un caleidoscopio di fantastiche immagini luccicanti, viene inquadrato il dettaglio dell’occhio di una pecora che riflette la luce proveniente dal soffitto di un vecchio casolare dove giace ormai morente il vecchio boss del paese.
Al suo capezzale siede Matteo, il figlio terzogenito, il prediletto, che ha superato nelle gerarchie familiari il più grande (uomo senza coraggio) e la femmina secondogenita (alla quale una società patriarcale non può permette di avocarsi il ruolo di leader). Quel ragazzo, Matteo, è pronto a subentrargli nella gestione dei tanti loschi e redditizi affari, e diventerà proprio “Iddu” del titolo del film: un boss che vivrà nella latitanza e che, ecco il tocco di verosimiglianza con la realtà, assomiglierà in tutto e per tutto al vero Matteo Messina Denaro. Nel frattempo, morto l’anziano padre, le vicende di Matteo si incrociano con quelle di Catello, il suo vecchio padrino di battesimo, ex preside, ex sindaco (da poco anche ex galeotto), una figura a sua volta ricalcata a misura da Grassadonia e Piazza sul personaggio realmente esistito del sindaco di Castelvetrano Vaccarino, noto per il suo rapporto epistolare con Messina Denaro.
Iddu – L’ultimo padrino scivola così, per oltre due ore, nell’inferno sempre più cupo di un mondo popolato da uomini e donne che vivono nell’ombra, se non addirittura nel buio, un non-luogo dove le tapparelle delle finestre sono perennemente abbassate, dove gli uomini sono simili alle bestie, poiché “muoiono in mezzo alle pecore e vivono come topi”. Matteo è un uomo che racchiude in sé le contraddizioni della vita del boss: tiene in scacco gli uomini ma è costretto a vivere segregato, semina morte ma è orami da anni un qualcosa che assomiglia ad un sepolto vivo.
Iddu – L’ultimo padrino salta avanti e indietro nel tempo, tenendo come punto di riferimento i primi anni duemila, ed è costellato dei classici stereotipi della mafia: pizzini, cortei funebri non autorizzati, rifugi segreti, regolamenti di conti in pieno giorno, efferati delitti, claustrofobia degli ambienti (quest’ultimi resi magnificamente dalle luci di Luca Bigazzi). A restituirci appieno la durezza della storia contribuiscono anche le musiche di Colapesce: i ritmi percussivi, quasi tribali (l’autore si è ispirato alle melodie della cinematografia di Pietro Germi ed Elio Petri) esaltano i connotati primitivi delle figure che popolano la storia, sicuramente più “uomini selvaggi” che “uomini d’onore”, anche se nella colonna sonora non mancano incursioni nei nostalgici anni Ottanta con Raffaella Carrà e gli Eighth Wonder.
Come sempre, sono all’altezza del compito sia Elio Germano (Matteo) che Toni Servillo (Catello) anche se, mentre il primo si affida ad una recitazione piuttosto misurata, il secondo ci restituisce un personaggio più grottesco che drammatico. Nel complesso Iddu – L’ultimo padrino è un film che aiuta a farci riflettere sulle ampie zone d’ombra della nostra società in cui non tutti i puzzle riescono a trovare l’ultima tessera mancante.
Iddu – L’ultimo padrino di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza. Con Elio Germano, Toni Servillo, Daniela Marra, Barbora Bobulova, Giuseppe Tantillo, Fausto Russo Alesi
Produzione: Indigo Film, RAI Cinema, Les Films du Losange; Distribuzione: 01 Distribution; Italia, Francia, 2024
Drammatico, Colore
Durata: 2h 2min
Fonte: ToscanaOggi.it del 29/10/2024