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GRAND TOUR
di Miguel Gomes

Genere: Drammatico. Origine: Portogallo. Distribuzione: Lucky Red. Interpreti: Jani Zhao, Gonçalo Waddington, Teresa Madruga, Manuela Couto, João Pedro Vaz, Crista Alfaiate, Cláudio Da Silva.

Grand Tour di Miguel Gomes segue il viaggio che Edward intraprende nel 1917 dalla Birmania alla Cina: il Grand Asian Tour. Funzionario dell’Impero britannico, in procinto di sposare la fidanzata Molly, Edward decide di mollare tutto e di scappare. Partito da Rangoon in Birmania, l’uomo affronta un percorso che, oltre a portarlo lontano fisicamente, lo costringe a scavare in se stesso, trasformandosi in un viaggio profondamente emotivo. Molly però, non si arrende e, all’insaputa del fidanzato, decide di seguirlo. E mentre Edward è attanagliato dalla malinconia, Molly sta attraversando l’Asia per raggiungerlo e riconquistarlo. L’operazione di Grand Tour è molto simile a quella di <Tabu=, il precedente film del regista: il passato che collassa e trova senso nel presente, o viceversa; il mito effimero (sbiadito e sbriciolato dal tempo) del colonialismo e la sua revisione critica; l9amore vissuto come impossibilità, come miscela di melodramma e comicità paradossale; l’uso della voce narrante come veicolo primario della parola. Ma la trama che segue un funzionario britannico in fuga dalla fidanzata nell’Indocina coloniale è secondaria rispetto a come Miguel Gomes racconta, con le immagini, l’Asia del presente. Grand Tour è un viaggio visionario nel tempo e nello spazio, che esplora le potenzialità contemporanee del racconto per immagini e che è capace di sprazzi di grandissimo cinema: carico di spessore teorico ma anche, sempre, di felicissima ironia. La sequenza più bella tra quelle viste a Cannes 2024 (dove il film ha vinto il premio per la miglior regia) è proprio quella in cui Gomes racconta un incrocio di Saigon brulicante di scooter e motorette accompagnato dal valzer Sul Bel Danubio Blu di Johann Strauss: un’odissea non più nello spazio, ma nello spazio abissale del presente. È solo un esempio di come il regista portoghese, con apparente semplicità, mostri qualcosa con un approccio quasi documentaristico e utilizzi il tempo, il movimento e la musica per aprire squarci di suggestioni estetiche e intellettuali.

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