di Tom Hooper
(Les Misérables) REGIA: Tom Hooper. SCENEGGIATURA: William Nicholson dal romanzo di Victor Hugo e dal musical di Claude-Michel Schönberg e Alain Boublil. INTERPRETI: Hugh Jackman, Anne Hathaway , Russell Crowe, Helena Bonham Carter. FOTOGRAFIA: Danny Cohen (Formato: Panoramico/Colore). MUSICA: Claude-Michel Schönberg. PRODUZIONE: Working Title Films, Cameron Mackintosh Ltd. DISTRIBUZIONE: Universal. GENERE: Musical. ORIGINE: Gran Bretagna. ANNO: 2013. DURATA: 157’.
Victor Hugo in musica. Con un successo, grazie a Alain Boublil e Claude-Michel Schönberg, che sulle scene di 24 Paesi e in 21 lingue dura da ventotto anni senza accennare a finire. Adesso però è la volta del cinema che, senza canzoni, aveva già affrontato i suoi ‘Miserabili’ dagli anni Trenta ad oggi quasi una decina di volte, non contando le tante versioni televisive. Ora così è un noto regista ad occuparsene; quel Tom Hooper premiato di recente agli Oscar per ‘Il discorso del Re’. Con la collaborazione per la sceneggiatura di William Nicholson e dello stesso Alain Boublil, autore quest’ultimo anche delle canzoni originali, Hooper ha condensato il romanzo in una serie di episodi che ne mettono in rilievo, con calda partecipazione, i momenti più salienti e i personaggi di maggior peso, sia dal punto di vista narrativo sia da quello drammatico, dando ovviamente spazi alle emozioni. Il film risulta un grande spettacolo in cui, grazie alla regia di Tom Hooper, il cinema può mettersi in mostra non solo con opulenza ma anche con intuiti fini. L’epoca, la tanta miseria intorno, i fatti storici che coinvolgono i singoli personaggi sono espressi, grazie anche alla fotografia suggestiva di Dany Cohen, nelle cifre di un realismo che molto deve alla pittura. Mentre, all’interno delle splendide scenografie di Eve Stewart, gli interpreti, tutti psicologicamente ben delineati, si muovono cantando in presa diretta e spesso, felice trovata di regia, addirittura in primo piano, riuscendo anche così a dar ciascuno il meglio di sé. Mancava da oltre quarant’anni una trasposizione così accurata e sfarzosa di un musical (nel 2004 “Il Fantasma dell’opera” non aveva riscosso unanimi plausi), ossia dai tempi di “Oliver” diretto da Carol Reed, tratto dal lavoro teatrale a sua volta tratto dal romanzo dickensiano, che fece incetta di Oscar nel 1968 (combattendo ad armi pari con un altro famosissimo musical, “Funny Girl”). Quelle erano storie di malaffare, sfruttamento e pietà nei bassifondi londinesi – rifugio del sottoproletariato assediato dalla rivoluzione industriale – ora è Parigi – tutta ricostruita in studio – a fare da sfondo agli ideali politici e sociali di Hugo, nel ventennio di storia compreso tra il 1815 e il 1833. Musica e canto avvolgono ogni sequenza e ogni sentimento, con Hooper che ha voluto personalmente intervenire sul lavoro teatrale chiedendo anche una nuova canzone, “Spoken”, e una nuova struttura rispetto all’originale, creando un grandioso affresco epico e popolare. Hooper segue la partitura senza togliere nulla alla forza espressiva del testo delle canzoni, anzi amplificando il dramma fisico e morale, che nel finale trova una vera apoteosi con il travolgente “Do you hear the people sing”, voce di popolo e di speranza, quando vivi e morti, sulle barricate parigine, inneggiano alla luce, al sole e all’attesa di un radioso futuro.
* Il film contiene una manciata di minuti di dialogo e poi tutta musica: cori e canzoni, duetti e terzetti nei quali si confessano odio, amore, disperazione e perdono, i peccati del potere e l’innocenza delle vittime, i soprusi dei violenti e il riscatto dei pentiti, l’afflato religioso che pervade i destini in collisione di un intero popolo, quello francese, e dei tanti “miserabili” che annaspano verso la libertà, la dignità, il pane, una condizione umana del vivere e una cristiana del morire. Preme sottolineare come la storia di redenzione del galeotto Jean Valjean sia ben messa in evidenza con espliciti riferimenti alla forza della Grazia che lo coinvolge. Il film propone momenti forti, di coinvolgimento emotivo (grazie ovviamente anche alle belle canzoni), ma anche profonde riflessioni di carattere spirituale e ciò non è poco in un periodo in cui al cinema temi del genere sembrano relegati in un angolo. Qui, invece, sono presenti e fanno parte dell’ossatura stessa della storia che gli autori (regista e musicisti) non hanno trascurato.