di Michelangelo Frammartino
(Le quattro volte) REGIA: Michelangelo Frammartino. SCENEGGIATURA: Michelangelo Frammartino. INTERPRETI: Attori non professionisti. FOTOGRAFIA: Andrea Locatelli (Formato:Panoramico/Colore). MUSICA: suoni d’ambiente (Colonna sonora: Dolby-Stereo). PRODUZIONE: Gregorio Paonessa, Marta Donzelli. DISTRIBUZIONE: Cinecittà Luce. GENERE: Drammatico. ORIGINE: Italia. ANNO: 2010. DURATA: 90’.
In un paesino calabrese abbarbicato su alte colline vive i suoi ultimi giorni un vecchio pastore. E’ malato e, dopo aver provato la medicina fatta, secondo tradizione, con la polvere raccolta dal pavimento della chiesa, muore. Nello spiazzo di terra nera di un ovile, una capra dà alla luce un capretto bianco. Il giorno della sua prima uscita, il capretto resta indietro rispetto al resto del gregge, si perde nella vegetazione, cerca invano di farsi sentire, finché esausto si abbandona ai piedi di un grande abete. Di lì a poco, il maestoso albero viene tagliato. Prima è utilizzato per i giochi in paese come albero della cuccagna, poi viene mutilato e ridotto allo scheletro. Il legno bianco è trasformato in carbone. Il fumo della cenere ricopre il paesaggio intorno….
L’essere umano, l’animale, il vegetale, il minerale: “In noi ci sono quattro vite successive, incastrate l’una dentro l’altra” é la frase attribuita da alcuni studiosi a Pitagora e indicata dal regista come idea per il titolo. “Abbiamo quattro vite e dobbiamo quindi conoscerci quattro volte” -aggiunge- In Calabria ho imparato a ridimensionare il ruolo dell’uomo, o almeno a distogliere lo sguardo da lui: si può liberare il cinema dalla tirannia dell’umano, che é un privilegio ma anche una condanna alla solitudine?”. Niente attori veri, solo facce riprese da lontano; niente dialogo, solo parole troncate; niente musica, solo rumori d’ambiente. Frammartino si pone davanti alla nudità della natura con un cinema ugualmente nudo, spogliato di orpelli e artifici, povero ma più autentico. Di fronte alla volontà di guardare uno scenario di arcaicità assoluta, il rischio é quello di risultare anacronistici, fuori dalla storia. Se è scommessa, il regista la vince, nella capacità di azzerare pietismi e retorica, a vantaggio di un linguaggio asciutto, che si fa osmosi con le leggi immutabili della terra, il trascorrere delle stagioni, l’accettare l’inevitabile ciclo della nascita e della morte che tutti accomuna. Un viaggio in quelle zone che spesso non vediamo più, e non solo quelle geografiche ma anche dell’anima.
* Il film può essere un valido spunto per affrontare un cinema d’autore particolare, ma non per questo meno importante e poetico. La proposta può essere fatta ai giovani, in occasioni mirate, per discutere e affrontare un modo di raccontare diverso da quello comunemente usato dal cinema commerciale.
CLASSIFICAZIONE FILM: YoungTipologia Utilizzo: MIRATO