ROOM
di Leonard Abrahamson
Il regista irlandese Lenny Abrahamson è reduce dalla commedia malinconica “Frank”, in cui il protagonista indossava perennemente una maschera per affrontare il mondo, mentre la giovane protagonista di Room non può permettersi questo lusso. Le atmosfere del film sono completamente differenti, visto che seguiamo le vicende di una giovane donna (Ma) rinchiusa da sette anni all’interno di una stanza chiusa. Rapita da un uomo che la tiene prigioniera, vive con il suo bambino di cinque anni. Il mondo per il piccolo Jack si limita a questa stanza. Così gli ha detto la madre, Ma, per proteggerlo dalla drammatica situazione in cui sono costretti a vivere, l’ha cresciuto in un mondo immaginario, limitato nello spazio, ma in cui si ritagliano molti momenti di gioia. L’unica avvertenza è quella di chiudersi nell’angusto armadio quando la porta blindata si apre e un uomo entra nella stanza per venire a trovare Ma. In alto c’è una piccola finestra, da cui filtrano la luce, i rumori dell’esterno, il vento che scuote gli alberi del giardino e la pioggia che diventa una distrazione con la quale impiegare ore di quelle giornate sempre uguali. Il mondo di fuori, che per Ma è utile a mantenere viva la speranza che in un modo o nell’altro riusciranno a tornarci. Room è un film di spazi interiori, ben più che esteriori, in cui Brie Larson dà un’altra dimostrazione delle sue grandi capacità e si conferma una delle attrici che segneranno pagine importanti del cinema che verrà. La sua capacità di interiorizzare il dramma che sta vivendo è una dimostrazione di rara intensità dell’amore assoluto di una madre per il proprio figlio; entrambi costruiscono la loro coreografia quotidiana misurando gli spazi di comunicazione e di fuga. Ma è vittima di una delle dimostrazioni di perfidia più atroci che un uomo può infliggere a un altro essere umano: costringerlo a confidare nell’assenza di libertà come stampella emotiva e quando, finalmente, riescono ad uscire dalla stanza, mentre Jack rimane sconvolto alle prime, ma poi conquistato da un mondo che assume dei confini sterminati, per Ma il non dover più indossare i panni della regina in un mondo fiabesco inventato per il suo piccolo principe, le procurano un crollo. Il regista di Frank, Abrahamson ha di fatto diretto due film in uno, diversi nei toni e nel genere, eppure legati da un amore indivisibile. Quello di una madre per un figlio e viceversa. L’amore di una donna che ha ideato un universo parallelo pur di non svelargli la tragica verità e l’amore di un bambino pronto a tutto pur di salvarla. Un rapporto d’amore fatto di necessarie menzogne e devastanti rivelazioni, sviscerate con maestria.
* Trasposizione cinematografica del best seller di Emma Donoghue, arrivato in Italia con il titolo ‘Stanza, letto, armadio, specchio’, Room ha trionfato al Festival del cinema di Toronto portandosi a casa l’agognato People’s Choice Award, premio spesso e volentieri ‘portafortuna’ per quelli che poi diverranno i ‘casi’ cinematografici di stagione. E il film di Lenny Abrahamson potrebbe serenamente diventare uno dei rari titoli in grado di accontentare tanto il pubblico quanto la critica. Sono molte le cose che lasciano stupefatti alla fine della visione di un film come Room. La principale, tuttavia, è l’apparente semplicità con cui il regista Leonard Abrahamson ottiene molto con pochissimo. Due attori; una stanza; pochissime altre location. Una storia narrata dal punto di vista di un bambino. Eppure Room è tante cose: thriller, avventura, crescita, scoperta, separazione, rinascita, tragedia, guarigione, amore. Ma presto ci si rende conto di quanta sensibilità e quanta cura ci sia alla base di questo risultato: la capacità di vedere le cose a misura di bambino, filmandole alla sua altezza, vicine al suo sguardo e al suo sentire, trasformando la prosa delicata della Donoghue in vibrante e densissimo racconto cinematografico che si fa esperienza intima e personale: perché anche noi un giorno abbiamo lasciato la nostra Stanza e, invece, qualcuno, come Ma, la porta sempre con sé.
(Room) REGIA: Leonard Abrahamson. SCENEGGIATURA: Emma Donoghue, dal romanzo “Stanza, letto, armadio, specchio” della stessa autrice. INTERPRETI: Brie Larson, Jacob Tremblay, Joan Allen, Sean Bridgers, William H. Macy, Matt Gordon. FOTOGRAFIA: Danny Cohen (Formato: Cinemascope/Colore). MUSICA: Stephen Rennicks. PRODUZIONE: Element Pictures, No Trace Camping, Duperele Films. DISTRIBUZIONE: Universal. GENERE: Drammatico. ORIGINE: Irlanda. ANNO: 2016. DURATA: 118’.