Analisi delle sequenze
di Marco vanelli
Quinta parte
1) Paolo arriva a Neapoli assieme a Sila (cfr. Atti 16,12-13; 16-18). Neapoli è il porto di Filippi, ma anche l’ingresso per Paolo in Europa: verso il suo centro culturale, Atene, e politico, Roma. Già la città di Filippi è legata a memorie storiche dell’impero romano. La storia dei popoli parte da Roma; la storia dell’uomo è cominciata altrove. È questo capovolgimento paradossale che Paolo si accinge ad annunciare, andando incontro alle prime incomprensioni. Si veda l’episodio della schiava indemoniata, intriso di tradizione e superstizione pagane: il demonio se ne serve per assoggettare spiritualmente e civilmente quel mondo. Paolo è chiamato traditore per aver scelto di essere un servo del Dio Altissimo, perché viene a indicare la via della salvezza. Non è il singolo demonio che è in lei a lamentarsi, ma lo spirito di un’intera parte del mondo che teme il cambiamento. Perché questo significa rimetterci, anche economicamente, come rimprovera il proprietario della schiava. Il dato spirituale si somma, come al solito nel film, a quello sociale. L’interprete di Sila, ora di carnagione chiara, è visibilmente cambiato rispetto alla sequenza 22 della quarta parte. Il motivo è dovuto alla realizzazione, in extremis, della quinta parte mentre già la prima veniva mandata in onda.
2) Paolo e Sila picchiati (cfr. Atti 16,19-22). La reazione del padrone della schiava posseduta è violenta e, come vedremo, avallata dalle autorità. Si noti la schiava libera dal demonio, ma legata dal padrone, e la donna ben vestita che osserva pensierosa. È Lidia.
3) Paolo e Sila a casa di Lidia (cfr. Atti 16,14-15; 35-40). Lidia, ricca vedova che possiede una fabbrica di porpora, fa parte di quei pagani che credono nel Dio di Abramo e che vengono chiamati “devoti”. Nella sua bella casa di stile romano Paolo e Barnaba si rifugiano dopo l’arresto e la liberazione (cfr. Atti 16,23-24). Lidia, osservando ciò che ha fatto Paolo al porto, ha creduto nel suo annuncio e ora è pronta a mettere a servizio quanto possiede per la Chiesa. Lei è ricca, e la sua ricchezza servirà a Dio quanto la povertà di Paolo (cfr. Fil 4,11-22). L’incidente diplomatico con le autorità spinge Paolo e Sila a partire per non danneggiare la nuova comunità.
4) Battesimo di Lidia (cfr. Atti 16,15a; 40b). Prima di partire Paolo fa a Lidia e alle sue schiave il grande regalo del battesimo. Piano sequenza.
5) Gabbiani (non esiste un richiamo negli Atti). È una sequenza di raccordo, la prima di questa sezione, che serve a suggerire in modo ellittico la ripresa del viaggio in mare di Paolo. Segna un cambiamento stilistico in quanto è la prima volta nel film che Rossellini non racconta un fatto concreto, ma descrive un elemento del paesaggio in funzione analogica.
6) Paolo arriva ad Atene (non esiste un richiamo negli Atti). All’ingresso della città, Paolo incontra un viandante con cui si ferma a parlare. È subito evidente lo scontro di culture. Il viandante gli cita e gli racconta il paradosso filosofico di Zenone su Achille e la tartaruga. Paolo si diverte, ma non capisce. Non è né greco né sofista. Sta entrando in un mondo le cui basi di pensiero non sono le sue. Veniamo a sapere che Sila è rimasto a Berea (cfr. Atti 17,14). Piano sequenza.
7) Paolo ad Atene (cfr. Atti 17,16-21). Paolo annuncia con entusiasmo ad Atene, città del sapere, convinto di essere compreso meglio che altrove. Fa l’elogio della carità (cfr. 1 Cor 13,1-13), ma è accolto con tollerante scetticismo. La sua appare come un’altra dottrina proveniente dall’oriente che avvelena la mente. Ciò che sembra più assurdo agli ateniesi è il concetto di risurrezione.
8) Paolo all’Areopago (cfr. Atti 17,22-34). Il discorso di Paolo viene riportato fedelmente. È uno dei punti chiave della lettura rosselliniana. Il cristianesimo, in modo umile, affidato a poche persone del popolo provenienti da una provincia dell’impero, si propaga lentamente trovando sostenitori nelle persone semplici, e si va a scontrare con le idee dominanti del mondo antico. Ma riuscirà a prevalere, a dispetto della sufficienza con cui i saggi lo accolgono. È una rivoluzione culturale che viene dal basso, incarnata nella vita degli Apostoli: non è una sovrastruttura ideologica, ma un’idea che si fa vita quotidiana. Per questo è destinata a prevalere nel tempo, ma a perdere nel confronto diretto con la filosofia discussa nell’otium (cfr. 1 Cor 1,18-31). Solo pochi aderiscono, come vediamo dal ristretto numero a cui Paolo impone le mani.
9) Gabbiani (non esiste un richiamo negli Atti). Cfr. la precedente sequenza 5.
10) Paolo a Corinto (cfr. Atti 18,1). Nel piano sequenza vediamo arrivare Paolo lungo la strada piena di attività. Dopo di lui due ebrei, marito e moglie, entrano in Corinto provenendo da Roma. Sono Aquila e Priscilla.
11) Aquila e Priscilla nella locanda (non esiste un richiamo negli Atti). La sequenza serve per presentare i due nuovi personaggi e la realtà sociale di Corinto. Sono tessitori di tende (cfr. Atti 18,3b) la stessa professione di Paolo. Corinto, come avverte la padrona della locanda, non è città di filosofi, ma è un porto, dove avvengono traffici e malaffare.
12) Paolo nella locanda (cfr. Atti 18,2-3). Paolo incontra Aquila e Priscilla, ebrei romani convertiti a Cristo. Hanno sentito parlare di lui da Pietro che ha predicato a Roma. Sono fuggiti a seguito dell’editto dell’imperatore Claudio. La nuova dottrina ha portato scompiglio fra gli ebrei creando disordini pubblici. Paolo constata come il vangelo ha spaccato in due Israele, lasciando i pagani indifferenti. È scoraggiato per questo. Trova comprensione nei due. Piano sequenza.
13) Visione di Paolo (cfr. Atti 18,9-10). Con la solita semplicità anti-miracolistica, il piano sequenza ci mostra Paolo mentre è in estasi e quando comunica il contenuto della visione ad Aquila e alla moglie: lo scoraggiamento è vinto dalle parole del Signore che vede in Corinto «un popolo numeroso», nonostante l’egoismo e la povertà.
14) Predicazione a Corinto (non esiste un richiamo negli Atti). Paolo predica nelle vie di Corinto a un popolo di prostitute e di gente di strada. Aquila e Priscilla lo seguono. Paolo si limita a recitare le beatitudini e parti del discorso della montagna. La gente, come attratta, lo segue. Aquila constata con le parole di Gesù (cfr. Lc 10,21) quanto questa ultima parte del racconto va confermando: l’affermazione del cristianesimo nel mondo pagano avviene grazie all’adesione dei poveri e dei semplici, non per un’integrazione filosofica dei saggi.
15) Zaccaria in carovana (non esiste riscontro negli Atti). Ritroviamo il personaggio incontrato in precedenza (cfr. sequenze 16 della terza parte e 9, 11, 19 della quarta parte), inesistente nel testo, che incarna la problematica degli ebrei cristiani in conflitto con l’apertura di Paolo verso i pagani. Tutta la sezione, che si apre con questa sequenza, ha lo scopo di riprendere l’argomento e introdurre l’ultima parte del film legata alle accuse verso Paolo che lo porteranno prigioniero a Roma. Zaccaria è un mercante di lino della Galilea e questa professione gli richiede di spostarsi. L’avevamo già visto nella sequenza 9, quarta parte, in viaggio in carovana. In questa macro sequenza la carovana permette al regista di creare un contesto umano variegato sotto il profilo culturale e di fede. È un po’ l’insieme delle voci del mondo, quel mondo che gli Apostoli, e soprattutto Paolo, stanno evangelizzando. Inoltre la sezione si distingue dal resto del film anche per una sua maggiore raffinatezza stilistica con soluzioni registiche più articolate.
16) La carovana si ferma per la notte (non esiste un richiamo negli Atti). Emerge subito l’umanità multietnica che la carovana racchiude grazie alla struttura corale della sequenza. Si parte con la prostituta che scherza con gli uomini di Damasco; poi la ragazza si sposta verso Zaccaria, che la rifiuta; ora è Zaccaria a spostarsi commentando la difficoltà della vita del mercante; incontra l’ebreo che lo riconosce e lo critica in quanto cristiano e mercante; lui con forza controbatte accusandolo di non rispettare la legge di Mosè dando denaro a usura; il resto della carovana si accampa per la notte. In piccolo c’è lo stesso procedimento narrativo di tutta la sezione: lo spostarsi, cioè, da un personaggio all’altro per offrire un quadro della complessità umana e sociale in un dato momento e luogo. Qui il luogo è il mondo, dato il pretesto della carovana che raccoglie razze diverse, in un paesaggio meraviglioso non contestualizzato, dove tutti sono egualmente estranei; il momento è il passaggio epocale tra ebraismo e paganesimo da una parte, e la rivoluzione cristiana dall’altra.
17) Pescatori e frigi (non esiste un richiamo negli Atti). I due pescatori che a sera tornano sconsolati dal lavoro sono cristiani che aspettano il ritorno imminente di Gesù per un riscatto sociale che renderà tutti gli uomini uguali nella Gloria di Dio. Sono voce dei diseredati, oppressi da una struttura sociale facilmente riconoscibile anche nell’oggi del film. Oltre a loro vediamo i frigi, che si allontanano dalla carovana per andare a offrire al lago sacrifici al sole e alla luna. Diversità nella pluralità.
18) Preghiera di Zaccaria (non esiste un richiamo negli Atti). Ligio alla legge mosaica, Zaccaria invita gli ebrei presenti a intonare verso Gerusalemme la preghiera del popolo, anche se sono in viaggio. È lo Shema Israel (cfr. Deut 6,4-9). A questa invocazione Zaccaria fa seguire il Padre nostro, ma gli altri se ne vanno. Per lui è la sintesi della sua esperienza di fede. Il piano sequenza, in questo caso, assume un peso di particolare valore espressivo in quanto restituisce il forte realismo della messa in scena con il sole realmente al tramonto alle spalle dei personaggi, in tempo reale.
19) Zaccaria e gli zeloti (non esiste un richiamo negli Atti). La sequenza ha una struttura di racconto corale, tale da mettere in parallelo – con funzione di contrasto – i discorsi e gli interessi di alcuni membri della carovana. Il punto di arrivo è la discussione che vede impegnato Zaccaria. Gli altri parlano di astrologia, di fede animista, di carestia, di problemi di schiavi, di rimedi medicinali, di cosmogonia, di compravendite; solo Zaccaria è impegnato in un’accesa discussione su Paolo, quindi sull’annuncio cristiano. I suoi interlocutori sono vicini agli zeloti, patrioti armati, non più disposti a sopportare l’occupazione della Palestina e i soprusi dei romani. Per loro un Messia come Gesù è un traditore, perché non ha portato la libertà, e i cristiani sono pericolosi perché frenano la rivolta. È meglio che stiano lontani da Gerusalemme. Nel discorso si fa anche riferimento alla morte di Erode Agrippa, divorato dai vermi (cfr. Atti 12,20-23). Zaccaria comprende lo zelo sionista, dal momento che lui stesso si era opposto a Paolo per timore di perdere l’integrità di Israele. Ma ora ha capito. Paolo è stato otto anni in Europa, dove ha predicato il vangelo della pace, il perdono dei nemici, la fede nel Messia e non nelle armi, l’assurdità di una salvezza che passa attraverso la croce. Al termine cita le parole di Paolo sul superamento delle distinzioni di razza che il vangelo comporta (cfr; 1 Cor 1,20-23).
20) Alba, risveglio della carovana (non esiste un richiamo negli Atti). La sequenza ha un insolito taglio descrittivo, dove la prima e la terza parte sono dedicate al lago.
- a) Panoramica dei fenicotteri sul lago;
- b) Zaccaria viene a sapere che Paolo si trova a Mileto, al di là del lago e decide immediatamente di raggiungerlo. Vorrebbe coinvolgere anche gli altri, anche quegli zeloti che la notte precedente lo hanno provocato, ma riceve solo rifiuti;
- c) fenicotteri in volo.
Le scene dedicate al lago e ai fenicotteri hanno una funzione di cornice rispetto alla decisione di Zaccaria di raggiungere Paolo. Sottolineano in modo analogico quanto accade al personaggio: prima è nell’acqua per lavarsi come i fenicotteri al risveglio; poi fugge verso Paolo come i fenicotteri in volo. Il lago in questione esiste nell’entroterra di Mileto.
21) Paolo si imbarca per Gerusalemme (cfr. Atti 20,17-38). C’è un grande salto temporale: nel testo Paolo ha già lasciato Corinto, è tornato a Cesarea e ad Antiochia di Siria, e da lì è ripartito per il terzo viaggio. Compiutolo, se ne va da Mileto diretto a Gerusalemme (cfr. Atti 18,12-20,16). In questa occasione lascia i fedeli facendo loro un lungo discorso d’addio, che il film riporta fedelmente. All’interno è inserito l’accenno alla profezia della persecuzione a Gerusalemme che nel testo si trova successivamente (cfr. Atti 21,10-11). A Paolo si aggiunge Zaccaria che lo accompagnerà, lasciando la sua carovana diretta a Efeso. Da notare l’apertura con le persone che lavorano al porto.
22) Paolo di nuovo a Gerusalemme (cfr. Atti 21,17-25). Altro salto: Paolo è già nella comunità di Gerusalemme. È notte, alcuni dormono. Paolo affronta con coraggio il pericolo di presentarsi davanti agli ebrei osservanti che lo hanno conosciuto prima della conversione, per dimostrare ai convertiti dal giudaismo di non disprezzare la legge di Mosè. Piano sequenza.
23) Paolo al tempio (cfr. Atti 21,26-36; 22,24-29). Paolo accompagna i quattro al tempio per il voto del nazireato (cfr. Nm 6,1-21), che comporta la rasatura del capo. I capelli, raccolti, saranno poi bruciati. Un accenno a questo voto si trova in precedenza nel testo quando Paolo è a Cencre (cfr. Atti 18,18b). Il rito è il tipico dettaglio che interessa a Rossellini per contestualizzare storicamente e culturalmente i fatti. Paolo è arrestato e condotto dal tribuno Claudio Lisia (cfr. Atti 23,26), che a sua volta lo spedisce dal governatore Felice. La struttura della sequenza è meno lineare del solito. Infatti l’ultima inquadratura è dedicata di nuovo alla folla inferocita, e comprende, a incastro, il dialogo di Paolo col tribuno. Questo breve ritorno su un elemento apparentemente inutile, è invece un dettaglio per suggerire i continui tentativi della folla di uccidere Paolo che troviamo nel testo (cfr. Atti 21,27-25,27), ma non nel resto del film.
24) Paolo è condotto a Cesarea (cfr. Atti 23,23-24).
25) Paolo si imbarca per Roma (cfr. Atti 27,1-2). Il piano sequenza comincia con la gente che parla di Paolo, nelle cui parole si coglie un’eco di Atti 25,10-12 e 26,32. Ad accompagnare Paolo è il centurione Giulio.
26) Paolo arriva a Roma (cfr. Atti 28,13b-22). Alcuni cristiani di Roma stanno aspettando Paolo. Dal loro dialogo si ricava l’itinerario delle ultime tappe dell’Apostolo: hanno ricevuto un messaggio dai fratelli di Pozzuoli che Paolo ha lasciato le Tre Taverne e arriverà al Foro Appio. Non lo conoscono di persona, ma si aspettano la stessa gioia di quando hanno incontrato Pietro. Hanno ricevuto da lui una lettera inviata da Corinto tramite la vedova Febe (cfr. Rom 16,1-2). Pur non avendolo mai visto, vanno a colpo sicuro incontro a lui, mentre per tre volte è stato inquadrato un uomo accompagnato da un giovane nero che avrebbe potuto indurli in errore. Evidentemente c’è un sentimento così forte che supera i limiti di conoscenza umana. Nella frase detta da un romano: «È Dio che ti manda a Roma, Paolo!», si ravvisa la missione che nel testo è messaggio diretto di Gesù (cfr. Atti 23,11). Nella disponibilità del centurione che lo accompagna si coglie non solo la sua benevolenza verso Paolo, ma anche un interesse da neofita.
27) Paolo entra in Roma (non esiste un richiamo negli Atti). Paolo è introdotto in Roma. Gli ambienti che vede sono emblematici dello spirito della città e dell’umanità che la popola. È da notare che Paolo parla molto poco in questa sequenza: per lo più ascolta. Sono i cristiani di Roma a fargli un quadro sociale, umano e morale della capitale dell’impero. Paolo medita e osserva quel coacervo di persone di razze, ceti, età e interessi diversi confondersi in un perpetuo mercato, spettacolo, circo. La virtù è stata vinta da ogni sorta di vizi: ambizione, lusso, invidia, sete di potere, impudicizia. Nei discorsi dei cristiani di Roma troviamo citazioni da Paolo a proposito della religione naturale (cfr. Rom 1,19-23), delle passioni insane (cfr. Rom 1,24), della lingua ingannatrice (cfr. Rom 3,13-18), del loro passato dissoluto (cfr. Tt 3,3), dell’obbedienza di Gesù (cfr. Fil 2,6-11). Ma c’è anche il romano che esprime la critica alla decadenza della città citando lo sconcerto del proprio padre abituato a una tradizione più austera e pudica, secondo il tipico rimpianto di un’età aurea regolata sui ritmi della campagna che troviamo nella poesia latina.
Paolo interviene per ricordare come nonostante l’apparente lontananza da Dio, è a questi uomini che va fatto l’annuncio di salvezza. Il centurione li accompagna per tutto il tempo, e interviene a confermare la difficoltà di comprendere il progetto cristiano da parte di persone che non hanno mai sentito parlare in questo modo. Per lui la compagnia di Paolo è stata fondamentale. Paolo chiederà una sorta di arresti domiciliari e insegnare la verità del vangelo ai membri di questa comunità impegnati in un confronto quotidiano difficile con la città.
28) Paolo dal giudice (non esiste un richiamo negli Atti). Il centurione che ha condotto Paolo a Roma riferisce che i documenti del processo sono andati perduti durante il naufragio a largo di Malta tre mesi prima (cfr. Atti 27,39-28,1); lui ha preso in consegna Paolo dal centurione Giulio (cfr. Atti 27,1). Nel testo è Giulio ad avere simpatia per Paolo (cfr. Atti 27,3b), al punto da volergli salvare la vita (cfr. Atti 27,43), e non esiste un altro centurione. Nel film il nuovo soldato è invece più esplicitamente un convertito. Paolo continua a dichiararsi cittadino romano e fare appello a Cesare, anche se questo finisce per essere controproducente (cfr. Atti 26,32). Gli viene accordata una custodia militare, purché abbia una casa e un sostentamento.
29) Discorso finale di Paolo (cfr. Atti 28,30). Paolo vive da due anni a Roma, recluso in una stanza, ma in grado di annunciare il Vangelo a un gran numero di uomini e donne, provenienti da ceti e categorie diverse, come ben vediamo dalle persone che lo contornano. Ci sono anche alcuni ebrei della sinagoga di Roma, come si può capire dallo scrupolo sulle carni di animali immolati agli idoli o soffocati; gli altri ebrei, pur non contrastando Paolo, non l’hanno seguito (cfr. Atti 28,23-25a). Paolo affida a un discepolo in pellegrinaggio a Gerusalemme alcuni messaggi da mandare ai cristiani delle comunità da lui fondate: il mantello a casa di Carpo, a Troade (cfr. 2 Tim 4,13) e l’invito a non inorgoglirsi per il privilegio della fede (cfr. Rom 11,17-22). Inoltre gli consegna una lettera che sta finendo di dettare, indirizzata presumibilmente a Timoteo, di cui sentiamo gli ultimi passaggi: gli ultimi tempi (cfr. 2 Tim 3,1-5a), i falsi maestri (cfr. 2 Tim 4,3-4), il suo testamento spirituale (cfr. 2 Tim 4,6-7), i saluti a Aquila e Priscilla (cfr. 2 Tim 4,19-22). Con queste parole, sul suo primo piano, si chiude il film.
È significativo che l’ultima sequenza – un piano sequenza – riprenda le parole dell’invocazione a Gerusalemme con cui si era aperto (cfr. sequenza 1, prima parte), creando una sorta di struttura circolare. Infatti, se all’inizio verso Gerusalemme erano indirizzati sia gli ebrei ortodossi, sia i soldati della guarnigione romana con evidente intento di confrontare queste due realtà storiche che presto sarebbero state messe in crisi dal cristianesimo, alla fine del film Rossellini riprende entrambi gli elementi nella figura di Paolo. L’ebraismo e la cultura di Roma sono ora integrati e superati dal pensiero cristiano, di cui Paolo è campione, come ha dimostrato tutto il racconto filmico. Paolo ha concluso il suo compito e si apre una nuova era, senza più distinzioni tra giudei e romani, dominati e dominatori.