DON MILANI LA STAMPA 1_5_76
Vuol esser visto con simpatia questo film distribuito dall’ltalnoleggio e che segna l’esordio del documentarista Ivan Angeli (aretino, trenta- cinquenne); un film di grana ruvida e di pochi mezzi, ma ricco di fermenti spirituali quali gli vengono dall’argomento trattato: la figura e l’opera di don Lorenzo Milani, il priore di Barbiana, Negli Anni Cinquanta e Sessanta, quando la cosa poteva ancora sapere d’eretico, don Milani, prima nel Pratese e poi nel Mugello, svolse un apostolato di socialismo cristiano, inteso principalmente all’istruzione delle classi più povere e diseredate, affinché ne attingessero consapevolezza dei propri diritti contro i padroni.
Questo prete illuminista revocava in dubbio la virtù dell’obbedienza ai superiori quando essa andasse a scapito della coscienza civile e cristiana (il vero superiore diretto) quasi presago del « compromesso storico », tollerava la bandiera rossa in chiesa, e alle tortuosità della diplomazia di curia, contrapponeva e predicava l’incontro immediato con la realtà, quale vera educatrice. Sono, pur con qualcosa di ambiguo, i motivi di una « contestazione » che allora potevano riuscire nuovi e scandalosi, e che oggi invece fanno parte del travaglio Ideologico vissuto dalla chiesa moderna.
La pellicola, dal quieto andamento televisivo, senza fronzoli né sopraffazioni polemiche, ripercorre le tappe principali della vita del protagonista: dall’arrivo, come cappellano, a San Donato di Calenzano in quel di Prato”’ (coi primi scontri con le autorità ecclesiastiche per le sue prese di posizione), al trasferimento a Barbiana di Mugello, cui seguì il ritiro, ordinato dal Sant’uffizio, del suo libro sulle « Esperienze pastorali », all’incriminazione per la sua risposta ai cappellani militari in favore dell’obiezione di coscienza, alla sua polemica contro la scuola ufficiale e ai suoi metodi classisti d’insegnamento.
‘ Allo stesso modo che l’opera di Don Milani fu insegnativa e fattiva; ad un tempo (pagò di suo, come ogni profeta). così il film di Angeli (da lui sceneggiato con Bruno Paolinelli e Pier Paolo Capponi) non si risolve in una predica, ma inserisce la figura del protagonista, nel vivo d’una realtà italiana, anzi toscana, ben riconoscibile, e con semplicità, con pudicizia quasi, tien vivo il senso drammatico del conflitto religioso-politico.
D’altra parte esso non rinuncia mai, per amore dell’effetto, ad arricchire di nuove informazioni la vicenda terrena d’uno dei preti più veramente cristiani e perciò più “chiacchierati “ di questi ultimi decenni, e anzi molto spesso l’apologeta cede il passo al documentarista, con bell’effetto sull’insieme, che rende il timbro d’una cronaca-fioretto, girata in chiave laica.
Edoardo Torricella (il «San Paolo» negli Atti degli Apostoli di Rossellini) non ha bisogno di strafare per rendere vivo e persuasivo il suo Don Milani sul filo di un’indomita e talvolta flemmatica energia; e dopo di lui piacciono tutti gli altri interpreti presi dalla strada, mentre l’inserimento di alcuni attori professionisti (il don Bensi di Claudio Gora, la professoressa Marina Berti) o peggio dì personaggi pubblici che interpretano se stessi (Gaetano Arfé, Ernesto Balducci, Giorgio La Pira), lascia alquanto perplessi, non lega con la santa, semplicità di tutto il resto.