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UN PRETE SCOMODO – Il Corriere mercantile 24_1_76

Un film che soffre di gravi scompensi di fondo: è sapien­temente sceneggiato da Lucignani, ma diretto mode­stamente da Pino Tosini; è in­terpretato con grande slancio e convinzione da Salerno, però Ma­rio Morra l’ha montato con un ritmo furbescamente svelto e ‘secco che toglie a Salerno stes­so la possibilità di rifinire e tut­to tondo certi atteggiamenti del celebre prete di Barbiana. Insom­ma, « Un prete scomodo » non è un grande film, poiché non si sente in esso la mano del vero autore cinematografico (di Pino Tosini ricordiamo solo un ben modesto film di ambiente carcerario), tuttavia è una pellicola che si segnala per il suo impe­gno civile e per la sua pulizia d’intenti e di « scrittura ».

 Pro­dotto chiaramente d’équipe, regista, sceneggiatore, montatore e interprete principale hanno certo collaborato con grande affiatamento ed entusiasmo, senza però trovare un’intesa totalmente funzionale, « Un pre­te scomodo » ha il merito di Im­pinguare un genere cinemato­grafico (quello biografico) che in Italia non è molto sentito e seguito, se non da pochi veri autori cinematografici (co­me il Francesco Rosi di « Il caso Mattei » o i! Roberto Rosselllni di « Socrate », « Pascal » «Agostino d’ippona », « Cartesio ». ecc.).

Pino Tosini aveva modo — è ben noto — di scegliere tra diversi « preti scomodi * (cre­sciuti quasi tutti dai semi lan­ciati dal pontificato di Giovan­ni XXIII), come don Zeno Sailtini, don Milani, don Mazzoiari e don Giuseppe Dossetti, per porgere allo spettatore un film coraggioso. La scelta di don Milani si è rivelata molto interessante (e non poteva essere diversamente), soprattutto adattissima come perno di una biografia cinematografica vici­na alla sensibilità dello spetta­tore d’oggigiorno.

Lorenzo Milani, sacardote na­to a Firenze nel 1923 .e morto nella stessa città lì 26 giugno del 1967, è stato il fautore di un’attività didattica e socia­le di assoluta novità. Nella pic­cola parrocchia di Sant’Andrea di Barbiana don Milani ha speso tredici anni (dal 1954 a! 1967) della sua vita per Il’elevazione – civile e non solo re­ligiosa » dei suoi giovani par­rocchiani poveri, che prima del­l’arrivo di questo prete doveva­no contentarsi di uno stato di semianalfabetismo. Barbiana che si trova a 7 chilometri da Vicchio nel Mugello, è composta da una chiesa del Trecento, da una canonica e da qualche strada sparsa nei boschi. Al­l’epoca dell’arrivo di don Lo­renzo, a Barbiana mancava l’ac­qua, la corrente elettrica, la strada, l’ufficio postale, e tut­ti gli altri Indispensabili servi­zi di pubblica utilità. Ma i ra­gazzi educati da don Milani hanno redatto un libro (pub­blicato ne! 1967) che si è se­gnalato come la più moderna, inquietante, acuta ed importan­te valutazione «dal basso» del sistema scolastico attuale e della moderna società italiana.

Il libro, giustamente famoso, si intitola « Lettere a una profes­soressa » e il film di Tosini si rifà ampiamente ai suoi conte­nuti per portare avanti il pro­prio discorso civile (così come si ispira alla lezione morale del libro scritto da don Lorenzo nel 1958,   « Esperienze pasto­

rali », e alle scelte della sua corrispondenza che hanno visto la luce dopo la sua morte. «Letttere di don Lorenzo Milani», 1970, e «Lettere alla mamma», 1973.

Tosini e i suoi collaboratori rievocano la vita di don Loren­zo Milani dall’incontro con don Cesare Bensi, che lo incitò alla fede e al sacerdozio, alla morte causata da un terribile male. Ha dichiarato don Bensi ad En­zo Biagi {si veda il volume «Ita­lia» di Biagi): « La sua vita è stata proprio questo: pren­dere Gesù e donarlo. Fu fedele a quello che promise ». E Bia­gi giustamente ha scrìtto: «Don Milani, ancora prima di soffri­re per la malattia che lo ha ucciso, ha affrontato amarezze, battaglie, tribunali, insulti ».

Tutto ciò (le polemiche poli­tiche, il processo per la solidarietà agli obiettori di co­scienza, ecc.) viene descritto dal film « Un prete scomodo’  con abbondanza di particolari. Don Lorenzo Milani è stato tan­to osteggiato solo perché il suo atteggiamento e le sue azioni, ispirati ad una pura, anche se spregiudicata la sua parte, ca­rità cristiana, vennero interpretati come dettati da colpevole e consapevole fllocomunismo. Invece, don Lorenzo la pensava come don Primo Mazzolari sul­le ingiustizie sociali dei tempi nostri (« in un mondo ove tut­to è ridotto a oro e fango non c’è più posto per il povero che porta il mondo, che fa cammi­nare il mondo, che soffre per il mondo, che espia per il mon­do »), ma la sincerità dei suoi Ideali cattolici non si potevano e forse, non si dovevano) mettere jn discussione. Don Lorenzo si e cosi accomiatato dal mondo e dai suoi giovani parrocchiani:       « ….cari ragazzi. Ho voluto più bene a voi che a Dio: ma ho la speranza che lui non stia attento a  queste sottigliezze… »

Esemplare la prova interpretativa di Enrico Maria Salerno, che ha contenuto il suo innato istrionismo e ci ha restituito un don Milani vivo, vero e misuratissimo (anche se rimane il dubbio che un regista più abile avrebbe potuto far rendere ancora di più questo straordinario attore), modestissima — al contrario —- la prestazione di tutti gli interpreti di secondo piano.

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