UN PRETE SCOMODO Corriere della sera L.A.
E’ comprensibile che coloro che furono vicini a don Lorenzo Milani e attinsero direttamente al suo alto magistero cristiano, volessero conservarne intatta l’ancor fresca memoria e si opponessero alla realizzazione di questo o di qualsiasi altro film che rischiava — come era accaduto ad Olmi per Giovanni XXIII — di sostituire la mera agiografia all’interpretazione dialettica della coraggiosa crociata sociale in favore degli umili e dei diseredati condotta dal parroco e maestro di Barbiana tra l’opposizione delle gerarchie ecclesiastiche asservite al privilegio.
Gli ex allievi dell’eccezionale sacerdote toscano temevano giusto, visti i miserelli risultati di Un prete scomodo, dove il sofferto dibattito ideologico di don Lorenzo Milani si riduce a una sommaria enunciazione di princìpi anticonformistici. Anche se nel ripercorrere la biografia del maestro dal 1947 fino alla morte per leucemia nel giugno 1967 – abbracciando la sua missione in termini di riscatto sociale dei poveri prima nella parrocchia di San Donato in Calenzano e poi nel confino di Barbiana — lo sceneggiatore Luciano Lucignani e il regista Pino Tosini si sono attenuti ai documenti, ai libri e al fitto epistolario di don Milani, con l’intento di trarre un racconto illustrativo dai toni popolareschi, non sono tuttavia riusciti ad evitare le cadute retoriche e melodrammatiche, né un certo bozzettismo alla Don Camillo. Ne esce così un protagonista tutto di superficie, senza alcuna attenzione verso le motivazioni della sua missione. Il tutto aggravato all’istrionismo incontrollato di Salerno.