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UN PRETE SCOMODO – L’Unità 18_4_76 L. P.

Forse tiolo non fu mai appropriato come in questo caso. Don Lo­renzo Milani fu proprio « un prete scomodo ,s perchè non tesino, nel periodo di maggior caccia alle streghe dal 1947 al 1967), ne proteste verso l’autorità ecclesiastica colpevole di scelte « politiche non «evangeliche», nè duri interventi contro i padroni delle fabbriche dei luoghi do­ve egli svolgeva il suo sacer­dozio, che opprimevano i la­voratori calpestando ogni di­ritto civile ed umano e la Costituzione repubblicana. 

Ma in San Donato di Calenzano prima e in Sant’Andrea di Barbiana poi (dove fu rele­gato d’autorìta e dove fu sep­pellito stroncato dalla leuce­mia), don Milani iniziò quel­l’opera di insegnamento ai fi­gli dei contadini che, se per comodità tutti chiamarono scuola, con la scuola vera e propria, non aveva nulla da spartire.

Se tutto questo appare chia­ro nel film, nebulosa è la vo­cazione e la formazione ideologico-culturale del protagoni­sta che vediamo praticamen­te scaturire dal nulla. Invece don Milani, nato a Firenze da madre ebrea e da ricca e colta famiglia borghese, possedeva proprio quelle sfaccet­tature anarchiche e contesta­trici delle gerarchie ecclesia­stiche tipiche della Toscana sia antica sia moderna. Si as­siste quasi a un soliloquio e non perchè egli parla e pre­dica contro dei sordi volonta­ri, ma perché il regista, Pino Tosini. non è riuscito a crea­re intorno un mondo vivo e realistico di avversari e di di­scepoli.

Corretto e lineare il film, che attinge fedelmente alle esperienze scritte e alle molte lettere pubblicate in varie epoche, non riesce a prendere una giusta quota emozionale, se non quella patetica, vittimistica. imposta dalla recita­zione di Enrico Maria Saler­no che alterna, da ottimo istrione, oratoria a melodram­ma.

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