Anni felici
GENERE: Drammatico REGIA: Daniele Luchetti SCENEGGIATURA: Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Daniele Luchetti, Caterina Venturini
ATTORI: Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti, Martina Gedeck, Samuel Garofalo, Niccolò Calvagna, Benedetta Buccellato, Pia Engleberth FOTOGRAFIA: Claudio Collepiccolo MONTAGGIO: Mirco Garrone MUSICHE: Franco Piersanti PRODUZIONE: Cattleya con Rai Cinema DISTRIBUZIONE: 01 Distribution PAESE: Francia, Italia 2013 DURATA: 100 Min USCITA CINEMA:
Dopo un battage pubblicitario particolarmente curato e con un trailer ‘stuzzicante’ giunge sugli schermi questo film di Daniele Luchetti dal titolo particolarmente espressivo “Anni felici” . Le nostre categorie mentali ci portano ad associare il binomio al periodo della giovinezza quando coccolati dai genitori, non avevamo pensieri e preoccupazioni di sorta: a maggior ragione se questa definizione la si fa recitare ad un bambino (… e dicono che erano anni felici ..).
Infrangere questo stereotipo è certamente motivo di riflessione : in un mondo quale l’attuale in cui per molti il riferimento della ‘famiglia’ viene a mancare non può non destare curiosità affrontare la tematica in cui i figli sono coinvolti nel dramma dell’incapacità dei genitori di sobbarcarsi della responsabilità della loro crescita.
Il film inizia con una voce fuori campo del figlio maggiore della coppia protagonista che ci presenta i suoi genitori Guido e Serena , l’uno artista che vorrebbe essere d’avanguardia rompendo con tutti i tradizionali canoni espressivi ma senza sentire interiormente qualcosa da comunicare, l’altra invece il frutto di una famiglia benestante (conosciamo solo la madre) rimasta infantile e con una forte esigenza di fare esperienze nuove.
Su questo tema si sviluppa tutto il racconto del film accompagnandoci verso un inevitabile fallimento del rapporto coniugale e scivolando spesso da un lato nella banalità e dall’altro in forzature incomprensibili a meno che non si voglia non prescindere dalla formazione sociopolitica dell’autore intimo amico e collaboratore di Nanni Moretti.
Vediamo così che il fattore che porta Serena a una piena presa di coscienza è un rapporto saffico ben sottolineato e portato avanti sotto gli occhi dei figli mentre il padre che si è reso conto che la sua arte composta soprattutto di rappresentazioni del corpo nudo femminile affronta il suo fallimento espressivo coincidente con l’allontanarsi della moglie.
In tutto questo contesto , i figli sono solo di corredo alla storia e non vi è alcun momento in cui ci si pone sotto gli occhi dello spettatore il possibile dramma dei bambini che vedono sgretolarsi l’unione dei propri genitori. Il tentativo del figlio maggiore di suicidarsi gettandosi in acqua conferma indirettamente come i due genitori non fossero in grado di interessarsi dei figli : ciò non solo risulta assolutamente evidente sia nel racconto che alla storia filmica.
Tutto ciò rende il lavoro molto ordinario e lontano dalle aspettative ; inoltre è rattristato da parentesi che facendo trapelare la formazione culturale del regista stonano con il contesto quali la visita di Serena ad un prelato che consiglia con energia si ricorrere al divorzio per risolvere i propri problemi (si tenga presente che il film è ambientato nel 1974 quando in Italia veniva introdotto il divorzio).
L’interpretazione dei due protagonisti ,Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti, non è coinvolgente mentre veramente interessante è quella dei due bambini Samuel Garofalo e Niccolò Calvagna.