GENERE: Biografico, Drammatico REGIA: Lee Daniels SCENEGGIATURA: Lee Daniels, Danny Strong ATTORI:Forest Whitaker, John Cusack, James Marsden, Jane Fonda, Robin Williams, Alan Rickman, Lenny Kravitz, Alex Pettyfer, Jesse Williams, Liev Schreiber, Minka Kelly, Nelsan Ellis, Terrence Howard, Cuba Gooding Jr., Vanessa Redgrave, Mariah Carey, Melissa Leo, Oprah Winfrey, David Oyelowo FOTOGRAFIA: Andrew Dunn MONTAGGIO: Joe Klotz PRODUZIONE: Laura Ziskin Productions, Windy Hill Pictures DISTRIBUZIONE: Videa PAESE: USA 2013 DURATA: 115 Min FORMATO: Colore USCITA CINEMA: 01/01/2014
Prendendo spunto da storie vere il regista Lee Daniels compie l’ennesima rivisitazione della storia americana in un settore ormai molto battuto: l’integrazione raziale che ha afflitto gli Stati Uniti fin dalla loro nascita. La sceneggiatura infatti è basata su un articolo di Wil Haygood, apparso sul Washington Post nel 2008: “A Butler Well Served By This Election”.
Con gli occhi di un negro a cui hanno stuprato la madre ed ucciso il padre in una piantagione di cotone, Cecil, il nostro protagonista, cresce facendosi apprezzare come maggiordomo dei diversi presidenti che si sono succeduti alla Casa Bianca. Ciò che si sottolinea è come i ‘bianchi’ siano in grado di valorizzare la serietà e la dedizione di un ‘negro’ ma sempre e solo relegandolo al suo stato di ‘inferiore’.
Così la vita di Cecil trascorre nella convinzione, sua e di sua moglie che ciò che ha ottenuto dai bianchi con la sua dedizione sia una grande conquista a cui non si deve rinunciare. Nella sua interiore speranza Cecil crede che un giorno forse tutto cambierà e vi sarà un presidente che , rompendo con la tradizione populista solo di facciata, porterà la razza nera all’uguaglianza con i bianchi. Scorrono i presidenti da Eisenhower fino ad… Obama mentre suo figlio cresce cercando nei movimenti quali quelli di Martin Luther King o di Malcom X di trovare la via per affermare la propria pari dignità di essere umano.
Allora come finisce ? In modo assolutamente conformista e prevedibile visto che il lieto fine sta nell’avvento di un presidente di colore alla Casa Bianca.
Tutto il film, pur visto con gli occhi di un ‘coloured’ non sottolinea alcuna presa di posizione verso un sentire sociale assolutamente ingiusto e solamente alla fine,ma troppo tardi, narrativamente parlando, si prende posizione contro questa schiera di presidente che solo all’apparenza condannavano la discriminazione raziale. La figura stessa del figlio ,presente marginalmente nel racconto, non è sufficientemente approfondita per costituire una denuncia di un sistema, anzi sembra sottolineare che solamente allineandosi alle sue prassi è possibile conseguire un qualche risultato . Potrebbe sembrare un messaggio pacifista , ma è condotto in modo debole.
Se da un lato il racconto è carente dall’altro l’interpretazione Forest Whitaker , navigato e super premiato negro americano, è ineccepibile rendendo il film fruibile e abbastanza coinvolgente.
Ciò che c’è da osservare è come gli americani anche quando presentano pagine assolutamente riprovevoli della loro storia (vedi anche il massacro degli indiani) si accreditano come artefici di grandi operazioni di giustizia non fosse altro per la capacità di rivisitare e mostrare quanto di sbagliato è stato fatto.
Vito Rosso
Cecil Gaines (Eugene Allen nella realtà) assiste alla morte del padre e alla quieta follia della madre in una piantagione di cotone della Georgia. Dopodiché, divenuto “negro di casa”, impara ad essere un bravo maggiordomo e, arrivato a Washington con la moglie e i due figli, è assunto alla Casa Bianca che rimarrà per lui un imprescindibile punto di riferimento a dispetto del figlio Louis che si affilia alle Black Panthers e dell’altro figlio Charlie che morirà in Vietnam. E indubbiamente Cecil conserverà una propria profonda dignità superando a testa alta i difficili passaggi temporali e persino epocali. Gli resteranno l’apprezzamento del Presidente Obama e una cravatta di John Fitzgerald Kennedy, dono della first lady Jacqueline.
Chi, sulla base di “Precious”, avesse pensato a Lee Daniels come a un cineasta indipendente, dovrà rivedere la propria posizione. Gli inizi di carriera con il cantante Prince (“Under the Cherry Moon” e “Purple Rain”), le produzioni di “Monster’s Ball” e “The Woodsman”, un debutto nella regia con “Shadowboxer” (interpreti Cuba Gooding jr. e Helen Mirren) parlano di una personalità interessante ma perfettamente calata nel meccanismo spettacolare e industriale. Altrimenti non ci si potrebbe spiegare il passaggio da “Precious” a “The Butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca” e toccherebbe concludere che un indipendente cui venga affidato un cast composto da Forest Whitaker, Oprah Winfrey, Cuba Gooding jr., Mariah Carey e Lenny Kravitz (i neri) e da Liev Schreiber, John Cusack, Jane Fonda, Alan Rickman, Robin Williams, James Marsden e Vanessa Redgrave (i bianchi) fa molto presto a trasformarsi in un uomo di spettacolo integrato e rispettoso di certe regole. Sulla carta l’idea è buona: raccontare l’evoluzione (o meno) dell’America sui problemi razziali dal punto di vista di un maggiordomo di colore impiegato per trentaquattro anni, dal 1952 al 1986, alla Casa Bianca che vedrà l’avvicendarsi di otto Presidenti da Truman a Reagan. L’idea buona, il risultato molto ambiguo. Più dell’evoluzione complessa della storia americana, legata o meno alle tematiche razziali, si finisce col percepire infatti la vocazione di Cecil al ruolo di servitore per uomini bianchi (e uomini di potere) che nei suoi confronti continuano a mantenere atteggiamenti umani e, in un certo senso, caritatevoli, indipendentemente dalle grandi scelte pubbliche che sono chiamati a compiere e che spesso vanno in tutt’altra direzione rispetto a quella che prevede il rispetto dei diritti civili e l’integrazione razziale. Cecil è per forza di cose comparsa sul palcoscenico della storia ufficiale, ma anche la sua storia personale fatta di umiliazioni, compromessi e necessità che diventano doveri lascia rapidamente il posto a una narrazione tradizionale che oscilla tra il melodramma privato e lo schizzo storico. L’ambiguità (una delle tante) sta nel fatto che Cecil è comparsa nella storia ufficiale ma protagonista di quella del film, che relega invece a margine Eisenhower (Robin Williams), Kennedy (James Marsden), Johnson (Liev Schreiber), Nixon (John Cusack) e Reagan (Alan Rickman), senza che però questo equivalga a un reale approfondimento della tematica razziale nonostante la presenza nel ruolo della moglie di Cecil di una ben nota paladina dei diritti civili come Oprah Winfrey. Ci si chiede, insomma, perché criticare i film sui neri fatti dai bianchi (“Il colore viola” di Spielberg o “Storia di un soldato” di Jewison) se poi quelli fatti dai neri non seguono strade diverse. Resta di buono l’interpretazione toccante di Forest Whitaker. E, per Lee Daniels, la certezza che indipendentemente dalla profondità del suo lavoro “The Butler” sarà sicuramente un film molto apprezzato dal grande pubblico.
Francesco Mininni