Gravity
GENERE: Fantascienza, Thriller REGIA: Alfonso Cuarón SCENEGGIATURA: Alfonso Cuarón, Jonás Cuarón, Rodrigo Garcia ATTORI: George Clooney, Sandra Bullock FOTOGRAFIA: Emmanuel Lubezki MONTAGGIO: Alfonso Cuarón PRODUZIONE: Reality Media, Warner Bros. Pictures DISTRIBUZIONE: Warner Bros. Italia PAESE: USA 2013 USCITA CINEMA:
Giunge dalla 70° mostra di Venezia un film che parla di missioni spaziali non in chiave fantastica ma con una carica di realismo che avvicina quest’opera non tanto al genere fantascientifico quanto a quello drammatico-spaziale.
Un equipaggio americano sta lavorando su una stazione spaziale a 372 miglia dalla terra: questa è la distanza in cui orbitano gran parte di ciò che l’uomo ha posto intorno alla terra.
In una stazione spaziale, un’equipe di esperti conduce la propria missione di studio: alle dipendenze del comandante Matt Kowalsky (George clooney) opera una ricercatrice Ryan Stone (Sandra Bullock) che mentre è intenta a far funzionare un’apparecchiatura fuori dalla navicella riceve l’ordine di rientrare perché sta arrivando un’ondata di detriti causati da un’esplosione avvenuta nella stessa loro orbita.
Fuori dalla navicella ,che viene distrutta, vi è anche il comandante che riesce a salvare la dottoressa,a costo della propria vita, guidandola fino alla salvezza .
Il film, girato in digitale e convertito in 3D in postproduzione , si divide, dal punto di vista narrativo, in due momenti : nel primo Cuaròn – il regista e scenografo – riesce ad esprimere con efficacia il senso del vuoto, del silenzio dove non esiste nessuno, creando un effetto concreto dell’ossessione o dell’oppressione che può dare il silenzio dello spazio infinito. Può essere bello pensare all’alba che spunta sulla terra ma quando non si sa se la si potrà mai rivedere il pensiero diventa assillo, ossessione.
In questo silenzio la figura del comandante Matt è solamente a che la vera protagonista del film, la dottoressa Ryan possa renderci partecipi del suo dramma. Nata in Illinois e dedita al suo lavoro dopo la morte accidentale della sua bimba, in questa circostanza ha la possibilità di ripensare ai temi esistenziali della vita e della morte e, non ultimo, della trascendenza. Una frase per tutte “Tutti sappiamo che dobbiamo morire,ma io so che devo morire oggi” ;forse sarebbe utile pregare ma nessuno glielo aveva insegnato,così neppure il santino di S. Cristoforo stranamente presente nella navetta offre un aiuto reale anche se unitamente ad un’altra inquadratura di una statuetta del Bubba offre il fianco a riflessioni ed aperture di nuovi temi soprattutto quando affida al suo comandante disperso nello spazio un messaggio per la sua bambina morta.
Nella seconda parte il film si abbandona a fragorosi momenti di spettacolarizzazione che non sempre sono in linea con quanto presupposto precedentemente e che lo rendevano singolare e particolarmente interessante.
La nostra Ryan ha deciso di accelerare la sua fine quando giunge il “deus ex machina” , la figura del comandante che comparendo alla dottoressa già in uno stato di sopore , gli suggerisce la soluzione per rientrare sulla terra.
Il film che si sviluppa per 90 minuti in un’ambientazione ben delimitata , lo spazio ristretto delle stazioni spaziali , delle navicelle Space Shuttle e delle Soyuz , riesce a mantenere alta l’attenzione dello spettatore fino all’ultima scena ; un po’ come il famoso “Apollo 13” di cui ne emula il motivo portante.
Il fil ha aperto la 70° mostra del cinema di Venezia ed è costato 80 milioni di dollari ed è stato girato parte in Inghilterra nei dintorni del lago Powell e per la gran parte negli Shepperton Studios di Shepperton. L’attrice protagonista doveva essere Angelina Jolie che però ha rifiutato, facendo ricadere la scelta sulla Bullock , premio Oscar per la migliore attrice in “The blind side” , che ha dato un’interpretazione eccellente.