PANE DAL CIELO
di Giovanni Bedeschi
(Pane dal cielo) REGIA: Giovanni Bedeschi. SCENEGGIATURA: Franco Dipietro. INTERPRETI: Donatella Bartoli, Sergio Leone, Paola Pitagora, Gigi Piola. FOTOGRAFIA: Giancarlo Lodi (Formato: Panoramico/Colore). MUSICA: Fabrizio Baldoni. PRODUZIONE: Bedeschifilm. DISTRIBUZIONE: Bedeschifilm. GENERE: Drammatico. ORIGINE: Italia. ANNO: 2019. DURATA: 90’.
Pane dal cieloinizia a Milano, in una fredda notte di Natale. Lilli e Annibale stanno cercando un angolo vicino alla stazione Greco-Pirelli dove poter riuscire a riposare e svegliarsi il giorno successivo senza morire di freddo. Sono entrambi stanchi, sarà l’età, saranno le poche cose che si portano dietro che cominciano a pesare. A un certo punto il silenzio della notte si spezza, dei vagiti rimbombano da un cassonetto lì vicino. Lilli e Annibale si avvicinano e aprono il cassonetto: dentro c’è un bambino. Lo prendono con cura in braccio e decidono di portarlo al più vicino ospedale, ma lì succede l’impensabile: nonostante Lilli e Annibale possono toccare e stringere il bambino, nonostante ne sentano la voce, nessuno all’ospedale sembra vederlo. Come se fosse invisibile. Lilli e Annibale sono sconcertati, atterriti dall’indifferenza di medici e infermieri. Corrono via, trattati come due pazzi, e raggiungono il deposito della stazione di Lambrate dove fanno un’ulteriore scoperta: tutti gli altri senza tetto come loro possono vedere il bambino. Il bambino è speciale, unico. Così pensano Lilli e Annibale e come loro tutti gli altri senza dimora che iniziano a vedere in quella creatura indifesa qualcosa da proteggere, diventando una sorta di famiglia. “Perché solo noi possiamo vederlo?” “Cos’è che lo rende così unico?” sono le domande che si manifestano tra i senza tetto e lì, insieme, si rendono conto che ciò che rende diverso questo bambino potrà diventare un messaggio importante, che tutti devono ascoltare…Pane dal cieloè un piccolo film diretto da Giovanni Bedeschi che, con la cadenza delicata di una fiaba allegorica, invita a restituire sostanza narrativa alla novella cristiana, a tornare a credere alla sua urgenza e alla sua infinita attualità, senza mai porre la questione in termini didascalici. La spiritualità è un’intima disponibilità a vedere l’invisibile, a concedere un’occasione all’immateriale, a quello che sfugge alla nostra irrefrenabile pulsione a contare, quantificare, consumare. La scelta dei senzatetto come interlocutori privilegiati dell’apparizione di un nuovo Gesù è, in questo senso, rivelatoria anche della traccia meta-testuale del film: chi più di quegli uomini e di quelle donne su cui letteralmente inciampiamo nella frenesia cittadina di un quotidiano ‘cieco’ a quel che ci circonda, potrebbe concedere a ciò che non è visibile ? Il film testimonia un’inquietudine sociale, un sentimento di disagio non più solo individuale, ma condiviso, divenuto collettivo, nel leggere la realtà attraverso una grammatica esclusivamente pragmatica e utilitaristica, nel mettersi senza condizioni dalla parte del cinismo e del materialismo.
*Il film è un fervido omaggio al Neorealismo del Secondo Dopoguerra, su tutti – per restare nel capoluogo lombardo – Miracolo a Milano (1951) di Vittorio De Sica, dichiarata fonte di ispirazione narrativa e punto di riferimento visivo e simbolico del regista. Il messaggio è quello di guardare il mondo e al mondo con occhi diversi, quegli stessi occhi che permettono di andare oltre le apparenze e di vedere l’invisibile. Soltanto chi affina lo sguardo ed è capace di “accostare” alle traverse disseminate sul rettilineo della propria esistenza sarà in grado di vedere il bambino: dunque, non necessariamente un atto di fede, quanto piuttosto un’opera di impegno spirituale e di rinnovamento interiore.