LOURDES
di Thierry Demaizière e Alban Teurlai
(Lourdes) REGIA: Thierry Demaizière e Alban Teurlai. FOTOGRAFIA: Alban Teurlai (Formato: Panoramico/Colore). MUSICA: Pierre Aviat. PRODUZIONE: Falabracks. DISTRIBUZIONE: 102 Distribution. GENERE: Documentario. ORIGINE: Francia. ANNO: 2020. DURATA: 95’.
La roccia della grotta di Lourdes viene accarezzata ogni anno da milioni di persone di origine e condizione diversa che lasciano il proprio segno, le proprie speranze, sogni, aspettative e dolori. A Lourdes convergono tutte le fragilità e tutta la povertà delle persone. Il santuario è un rifugio per i pellegrini che, spogliandosi degli orpelli della vita di tutti i giorni, si mettono letteralmente a nudo nelle piscine dove si immergono. I registi Thierry Demaizière e Alban Teurlai, sono andati ad incontrare questi pellegrini: pazienti ricoverati, malati, zingari, soldati e prostitute. Hanno ascoltato le loro preghiere sussurrate e documentato le loro vite tormentate da lunghi calvari. Al di là della fede, hanno ripreso Lourdes come un grande teatro antropologico dove si intersecano storie profondamente struggenti… “Con nostro grande stupore, non era mai stato fatto un documentario su Lourdes – dicono i registi – C’erano stati film e numerosi reportage televisivi, ma niente sui pellegrini, niente sulle loro motivazioni; perché vengono fino a qui? Che cosa sperano ? Che cosa rappresenta per loro la Vergine? Le riprese ci hanno coinvolto per quasi un anno. I primi giorni, eravamo sbalorditi. Lourdes presenta un’organizzazione militare, con migliaia di persone e orari calcolati al millimetro. In quel luogo si possono mettere da parte le proprie convinzioni private per individuare un «qualcosa» di straordinario. È questo «qualcosa» che ci incuriosiva – spiegano – avevamo l’intuizione che Lourdes dovesse essere un crogiolo di umanità dove accadeva «qualcosa» di eccezionale sulla condizione umana, qualcosa che superava persino la fede e che ci portava ad interrogarci su nostro rapporto con la sofferenza e la morte”.
* Nell’opera dei registi “non credenti” Demaizière e Teurlai c’è una sincera curiosità di fissare nelle immagini e nelle parole il “segreto” di Lourdes che continua ad interpellare ogni anno milioni di persone. In un’Europa senza dubbio confusa e non sempre così capace di speranza, ma al contempo alla ricerca della sua identità dentro ad un rinnovato contesto di pluralismo religioso, i due autori francesi partecipano alla riflessione con un’opera rigorosa, non concettuale, che intercetta l’essenza intima di Lourdes. Come Assisi è divenuta nel tempo la “città della pace”, dentro al messaggio cristiano di San Francesco, così allo stesso modo i due registi osservano quanto Lourdes sia divenuta la città dell’accoglienza gratuita e autentica di ogni forma di “paralisi” interiore e fisica, verso un desiderio di cambiamento che significa prima di tutto accettazione di questa condizione prima ancora che guarigione. Lourdes mette in scena la città spirituale che ha fatto della malattia la sua architettura, ma senza farne un ospedale. Ascoltando le testimonianze del documentario, sostenute da un montaggio che si fa preghiera, lo spettatore coglie tutta la commozione, una perturbazione interiore, che esiste attorno al rito di consegna della “paralisi”, necessario alla condizione umana, oltre ogni appartenenza sociale. E ancora arriva a conoscere le vasche di speranza, senza varcarle, capaci di lenire la fatica anche dei volontari, di ogni genere e vocazione, e i familiari che la regia restituisce nella loro umanità più nobile. Tutto ciò avviene con pudore senza mai cedere alla spettacolarizzazione della sofferenza. Fedeltà a Dio, a se stessi, alla propria famiglia, ai propri figli: ognuno arriva a Lourdes perché è “infermo” in qualche modo ma, in definitiva, per una questione d’amore che nessuno aveva ancora raccontato in questo modo al cinema, mostrando che la persona stessa si sta avvicinando ad un bene che non possiamo far mancare alla nostra vita, quel Bene che ci fonda perché qualcuno l’ha amato così tanto da dare la vita per accoglierlo lì.