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NOUR

di Maurizio Zaccaro

(Nour) REGIA: Maurizio Zaccaro. SCENEGGIATURA: Monica Zapelli, Maurizio Zaccaro, Imma Vitelli, Pietro Bartolo, Lidia Tilotta. INTERPRETI: Sergio Castellitto – Pietro Bartolo, Linda Mresy, Raffaella Rea, Valeria D’Obici, Thierry Toscan, Fabio Bussotti. FOTOGRAFIA: Fabio Olmi (Formato: Panoramico/Colore).  MUSICA: Alessio Vlad. PRODUZIONE: Stemal Entertainment, Ipotesi Cinema in collaborazione con Rai Cinema. DISTRIBUZIONE: Vision. GENERE: Drammatico. ORIGINE: Italia. ANNO: 2020.  DURATA: 93’.

 

 

“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo… e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà economica, politica e sociale”. Questo è l’articolo 2 della Costituzione italiana, a cui Maurizio Zaccaro aveva dedicato il titolo del suo omonimo film del 1994 (“L’articolo 2”). Già allora il regista di Milano si era interrogato sulla questione dei migranti. L’intelligenza di Zaccaro fu di affrontare il problema prima di tutto sotto il profilo culturale. Venticinque anni dopo il discorso prosegue con Nour. Lampedusa, le strutture di primo soccorso, la disperazione di chi sbarca e di chi accoglie. Una piccola guerra quotidiana, vista con gli occhi del medico Pietro Bartolo (oggi eurodeputato), un eroe che lavora “nell’ultimo lembo di terra italiana”, come si sente dire alla radio. Il film è tratto dal romanzo “Lacrime di sale”, dove Bartolo racconta i decenni passati ad assistere, a curare e ad “aspettare. Lo ripete Sergio Castellitto che lo interpreta nel film. Zaccaro analizza i paradossi dell’Italia, si confronta con i temi più spinosi. Cerca di trovare la sincerità in un mondo immerso nel cinismo e nella burocrazia. Nour è molto ambizioso. A metà strada tra documentario e finzione, mettendo davanti alla macchina da presa anche la gente di Lampedusa in un racconto di grande umanità. A brillare è Castellitto, schiacciato tra dolore e senso del dovere. La sua missione è rintracciare la madre di una piccola siriana chiamata Nour. La prende a casa sua, la tratta come una figlia. In fondo si comporta un po’ come un padre, che accudisce tutti quei disgraziati venuti da lontano. In una scena cardine siamo al cimitero, e lui indica un piccolo gruppo di croci senza nome. Vicino svetta un cartello, ignorato da molti, che invita la gente a non abbandonare i rifiuti tra quelle tombe. La tragedia si somma alla tragedia. E con ragione  Bartolo/Castellitto dice alla fine a un militare: “Le assicuro che anche applicando le regole qui è un casino lo stesso”. L’identità dell’Italia si riflette in un’isola “di confine” e ne esce sconfitta.
* Lampedusa: mentre i turisti prendono il sole in barca e i disperati del mare arrivano dalla Libia in condizioni tragiche, spesso non sopravvivendo al viaggio, l’unica certezza è il medico Pietro Bartolo. Una figura di umanità e senso del dovere, imbevuto della sua missione professionale. Lui aspetta, cura i nuovi sbarcati applicando con flessibilità le regole, pensa alle famiglie, a non dividerle, a rispettare la sensibilità di chi si affaccia in un nuovo mondo, spesso perché non aveva alternative. Quel nuovo mondo non troppi anni fa eravamo noi a cercarlo, partendo da porti vicini verso porti lontani. Una memoria incisa nel nostro DNA che Bartolo ha sempre presente, così come molti dei pescatori di zona, con ben chiare le regole non scritte del mare, l’accoglienza e il salvataggio di chiunque si trovi in difficoltà. Sono anche loro, insieme ai corpi senza vita che ci accolgono nella prima sequenza, in una notte di luna mentre due turiste si godono la loro barca, i protagonisti di questo film di Maurizio Zaccaro, che parte dal libro di Bartolo per sintetizzare nella figura della giovane Nour la lotta dei migranti e la loro speranza di riuscire a superare il viaggio compiuto, in tutti i sensi. Un calvario che spesso li ha portati ad affrontare mesi di deserto prima della traversata nel Mediterraneo. Nour ci evidenzia tutto questo rimanendo un film realizzato con semplicità, il cui spessore risiede soprattutto nel suo valore di testimonianza civile, nel non dimenticare una terra di passaggio, in cui le lacrime di tante vite spezzate e il sale portato a terra dal mare si mescolano. Uno sguardo di speranza, quello di Nour e della madre, per non cedere alle retoriche disfattiste e l’egoismo inumano di chi invita a ripiegarci sempre più su noi stessi.

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