NOTTURNO
“Nei luoghi in cui ho filmato giunge l’eco della guerra, se ne sente la presenza opprimente (…) Ho cercato di raccontare la quotidianità di chi vive lungo il confine che separa la vita dall’inferno”. Così indica nelle note di regia Gianfranco Rosi presentando il suo documentario Notturno, girato negli ultimi tre anni nei territori del Medio Oriente, (nello specifico quelli al confine tra Iraq, Kurdistan, Siria e Libano). Tratto distintivo della carriera di Gianfranco Rosi è il racconto nella forma del documentario del nostro presente, concentrandosi su periferie e frontiere esistenziali. Così ha fatto con “Sacro GRA” (Leone d’oro a Venezia nel 2013), mostrando la popolazione che vive ai margini di Roma lungo l’anello autostradale, come pure con “Fuocoammare” (Orso d’oro al Festival del Cinema di Berlino nel 2016), dando voce ai tanti disperati cercatori di futuro che si avventurano lungo le acque del Mediterraneo. Con Notturno mostra la realtà nei territori vessati dalla guerra, tra le forze dell’Isis e quelle della resistenza; lo sguardo però non è su di loro, ma su famiglie, pescatori, come pure pazienti di un ospedale psichiatrico, detenuti o madri in lutto per i figli strappati via dalla violenza e bambini che ritornano a scuola in cerca di domani. Encomiabile è l’intenzione di Rosi per lo sguardo con cui si pone verso i drammatici contesti che mostra. Il suo obiettivo non è ripercorrere la storia, ma allargare il fronte dei territori e delle comunità verso l’oggi, senza particolari identificazioni geografiche o politiche. In questa ottica il regista si serve nuovamente di uno stile quasi neorealista, il più volte citato “pedinamento zavattiniano”, per mettere a fuoco persone e situazioni. A ben vedere, Rosi è un viandante che si dirige sugli avamposti umani più disgraziati e dimenticati; mostra le ferite del presente, di chi vive ai margini. Il suo sguardo pertanto appare profondamente spirituale, dando parola e voce agli ultimi. Il suo è un cercare la verità, mettendola in racconto senza filtri e con poesia. Notturno, dunque, si inserisce nel cinema di impegno civile, come del resto i precedenti film di Rosi. Bellissimi i quadri visivi che compone, soprattutto i lamenti delle madri senza più figli, i dimenticati negli ospedali oppure le tracce di futuro negli occhi dei bambini, traumatizzati dalle violenze, ma capaci di ricominciare.
*«Negli ultimi tre anni, lungo i confini di Iraq, Kurdistan, Siria e Libano». Comincia così, in un Medio Oriente che da spazio geografico si fa luogo dell’anima, Notturno di Gianfranco Rosi che mette in scena la quotidianità dietro la tragedia delle guerre civili, delle sanguinarie dittature, delle invasioni, degli abusi delle potenze straniere, della follia omicida dell’Isis. Non il racconto dei conflitti di quei tormentati angoli di mondo, dunque, ma «un film di luce sul buio delle guerre, un viaggio nel dolore e nella vita del Medio Oriente che canta l’umanità profonda del reale».