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“IL NASO”, Un monumento alla lotta (dis)armata dell’intellettuale

 recensione a cura di Giacomo Mininni

Il naso è un celebre poemetto satirico di Gogol, che racconta di un barbiere che, trovato impastato nel pane un naso, si fa cogliere dal panico e se ne sbarazza in fretta, convinto di averlo mozzato a un cliente da ubriaco. Il naso in questione appartiene al maggiore Kovalyov, giovane e ambizioso, che cerca disperato l’organo mancante: quest’ultimo, nel frattempo, ha fatto più carriera di lui, ed è diventato un alto ufficiale zarista.
Più ancora della trama della novella, però, è interessante la sua storia. Pur essendo intriso di realismo magico, il racconto incontrò non poche resistenze per via dell’immagine di bieco arrivismo e di ossessione per i titoli che dava della Russia dell’Ottocento, e fu pubblicato solo in seguito a notevoli riscritture. Il secolo successivo, Dmitri Shostakovich lo scelse per la sua prima opera, ritirata dalla censura staliniana nonostante il successo di pubblico, usando a pretesto la composizione «cacofonica».
Riammesso nei teatri dal 1974, giusto un anno prima della morte di Shostakovich, Il naso tornò a far parlare di sé in Russia nel 2012, utilizzato come spunto per una beffarda opera satirica esposta al Museo delle arti erotiche di Mosca, che vedeva Putin perdere i genitali come Kovalyov il naso. Arriva infine Il naso, o la cospirazione degli anticonformisti, opera su cui Andrey Khrzhanovskiy lavorava già dagli anni ’70, ritardato dalla censura sovietica prima, dal clima non proprio incoraggiante per satira e oppositori poi.
Il film è a dir poco indefinibile, un musical lirico che include elementi di dramma storico usando il linguaggio dell’animazione mista, un piccolo gioiello artigianale che segue la novella di Gogol, ovviamente sulle note di Shostakovich, solo per metà film, per poi concentrarsi su quello che è il messaggio centrale e l’impianto cardine dell’intera struttura narrativa: il rapporto tra arte e potere in Russia (ma il discorso può farsi tranquillamente universale). Attraverso la propria arte, a tratti quasi ermetica, Khrzhanovskiy racconta il ruolo dell’artista in una dittatura, i compromessi che è costretto ad accettare e le conseguenze cui va incontro in caso non lo faccia. Dall’imbarco sul surreale aeroplano di inizio film alla tragica lista di intellettuali e artisti giustiziati nei gulag alla fine, il regista chiama a testimoni Ejzenstejn, Puškin, Tarkovskij, Kandinsky, German, Chuciev, Ioseliani, Mandel’štam, Mejerchol’d, Stanislavskij, ovviamente Gogol e Shostakovich, e moltissimi altri, perlopiù irriconoscibili a chiunque non conosca dettagliatamente il mondo artistico e culturale russo. Questi nomi e questi volti sono gli «anticonformisti» del titolo, i pensatori trasversali, gli artisti in anticipo sul loro tempo, i fieri oppositori e i frustrati collaboratori, chi ha alzato la voce e chi ha piegato la testa, chi ha scelto la prigionia per difendere la propria libertà di espressione e chi si è ridotto a realizzare opere propagandistiche per sopravvivere, tutti ricordati, tutti omaggiati e tutti accomunati dall’aver reso l’arte, in un modo o nell’altro, il centro della propria esistenza, consacrandosi a una scintilla di vero e di bello che si oppone a chi vorrebbe riplasmare la realtà e la storia a proprio piacimento.
In assoluto, ma ancor più nel contesto della stretta attualità, Il naso è un film potente, audace e necessario, un manifesto che ricorda il volto di un’altra Russia, quello di chi ha contribuito in maniera indelebile all’avanzamento culturale dell’umanità, e che oggi come allora deve scontrarsi per farlo con chi vorrebbe trasformare il suo lavoro in un ulteriore strumento di dominio.
IL NASO, O LA COSPIRAZIONE DEGLI  ANTICONFORMISTI di Andrey Khrzhanovskiy. Russia, 2020. Musicale.

 

Fonte: Toscana Oggi, edizione del 29/05/2022

 

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