“IL SEME DEL FICO SACRO” UNA NUOVA LEZIONE DI CIVILTA’ CHE ARRIVA DALL’IRAN
Girato clandestinamente, «Il seme del fico sacro» è stato premiato a Cannes ed è ora candidato all’Oscar come film straniero
Di Marco Vanelli
«Il fico sacro è un albero con un ciclo vitale inusuale. I suoi semi, contenuti negli escrementi degli uccelli, cadono sopra altri alberi. Le radici aeree germogliano e crescono fino a raggiungere il terreno. I rami poi avvolgono l’albero ospite e lo strangolano. Infine il fico sacro si sostiene da solo». Con questa precisazione, si apre il nuovo film di Mohammad Rasoulof di cui su queste pagine avemmo modo di recensire il precedente capolavoro, Il male non esiste (2020). Sono titoli di grande valore civile e di profonda ispirazione cinematografica per un regista che, condannato lo scorso anno a otto anni di carcere in Iran (dove nessuno dei suoi film è mai stato distribuito) per dissidenza contro il regime, è riuscito a espatriare e raggiungere il Festival di Cannes dove Il seme del fico sacro ha vinto il Premio speciale della Giuria e chiedere poi asilo politico in Germania.
A cosa allude la metafora del fico sacro? Alle proteste delle studentesse del movimento “Donna vita libertà” che si sono scatenate a seguito della morte di Jina Mahsa Amini rea di aver indossato male l’hijab, il velo imposto alle donne in quel paese. Un seme, il loro, destinato a crescere e soppiantare il modello sociale e familiare a dir poco maschilista e repressivo in un domani che il regista si augura prossimo.
La vicenda è incentrata sulla famiglia di Iman che, nelle prime immagini, riceve, assieme alla promozione a giudice istruttore, anche una pistola d’ordinanza con i relativi proiettili che vediamo rimbalzare sulla scrivania come biglie. Con il nuovo incarico il suo stipendio sarà maggiore e potrà così soddisfare le ambizioni borghesi della moglie Najmeh e, cambiando casa, dare alle figlie Rezvan e Sana una camera per ognuna. Iman è riconoscente, va in un santuario a ringraziare per l’avanzamento, e ha il senso della giustizia. Peccato che si imbatta subito nelle esigenze del potere che gli chiedono di firmare le condanne a morte senza nemmeno studiare le carte. E lui, pur tormentato, accetta per convenienza. Sono i giorni delle ribellioni di tante giovani donne persiane che bruciano pubblicamente il velo. Rezvan e Sana approvano il movimento e seguono gli eventi sui social che ancora non sono censurati. La moglie tentenna, spaventata dalla prospettiva di perdere il prestigio cui tiene, ma anche progressivamente coinvolta da ciò che le figlie le raccontano e le mostrano.
Ci sono due momenti chiave per l’evoluzione di Najmeh, legati a due intensi primi piani. Il primo è quello di un’amica delle ragazze che, colpita dagli agenti durante una sommossa in università, trova temporaneo rifugio in casa loro. Najmeh, con cura materna, le estrae i pallini dal volto tumefatto e prende concretamente atto di ciò che il regime sta operando. Il secondo è quando aiuta il marito a tingersi capelli e barba, cioè a indossare una maschera e inserirsi sempre di più nel sistema. Tra questi due estremi oscilla il suo personaggio, fino a dover fare una scelta di campo decisiva quando la pistola di Iman scompare e lui diventa paranoico al punto da recludere in una casa di campagna le tre donne.
L’arma, alla fine, ricomparirà e, invece che su un essere umano, sparerà sul terreno, ma tanto basta a seppellire un modello patriarcale oppressivo, soffocato dai rami del fico sacro femminile. Il racconto, forse penalizzato da una durata eccessiva, è una lucida parabola delle istanze di rispetto e dignità che, non solo in Iran, devono essere riconosciute alle donne. Le vere immagini delle ragazze che nel 2023 rivendicavano il diritto al cambiamento per le strade di Teheran punteggiano il film e lo chiudono dandoci una stretta al cuore, ma aprono anche alla speranza.
IL SEME DEL FICO SACRO
Regia, sceneggiatura, produzione: Mohammad Rasoulof; fotografia (colore): Pooyan Aghababaei; musiche: Karzan Mahmood; interpreti: Misagh Zare, Soheila Golestani, Mahsa Rostami, Setareh Maleki, Niusha Akhshi; distribuzione: BiM e Lucky Red; origine: Iran, Germania, Francia 2024; formato: 2,35:1; durata: 168 min.
Fonte: ToscanaOggi.it del 04/03/2025