INSIDE OUT
di Pete Docter, Ronnie Del Carmen
Pixar – Walt Disney Pictures
Al Festival di Cannes, dove Inside Out è stato presentato come evento speciale fuori concorso, il film è stato accompagnato da applausi scroscianti, a fine proiezione sia della stampa, che già aveva applaudito sui titoli di testa i loghi Pixar e Disney che del pubblico in sala grande. Ciò conferma il ritorno alla grande della Pixar ai livelli di un tempo. Non a caso Pete Docter è il regista di “Up”, forse il massimo livello artistico e poetico raggiunto dagli studi diretti da John Lasseter. Qui non siamo forse a quelle altezze, ma il film è indubbiamente notevole e merita un grande plauso. Inside Out, inquadra gli angeli custodi, meglio, le emozioni che governano le nostre vite, le vite degli umani e pure degli animali, a partire già dalla tenerissima età: la piccola Riley è segretamente guidata dalla Gioia, la Tristezza, la Rabbia, la Paura e il Disgusto, e questi cinque elementi avranno un ruolo fondamentale nel suo difficile trasloco, accompagnata dai genitori, dal Minnesota a San Francisco. E’ il nostro cervello e – beata speranza? – è la gioia a farla da padrone, ma quanta fatica, quante negoziazioni con Tristezza: nuove pillole emotive da catalogare e immagazzinare ogni giorno, perché la memoria è intesa quale una gigantesca biblioteca che incamera le nostre risposte emotive ai fatti, positivi e negativi, della vita. Ma che succederebbe se Gioia e Tristezza rimanessero isolate dal comando centrale, lasciando la povera Riley nelle mani della Rabbia (più Disgusto e Paura)? Semplice, le piattaforme della Famiglia, del Divertimento e dell’Hockey, lo sport in cui la ragazzina eccelle, rischierebbero di andare in frantumi, anche perché la nuova casa a San Francisco non è proprio una dolce casa. L’architettura visuale è mutuata e derivata dalle scienze cognitive, ma abbellita secondo canoni figurativi che fanno riferimento a un “Dalì per ragazzi”, Inside Out ha battute e scene fulminanti e personaggi uniformemente gradevoli. Si coglie evidente che dietro ci sono idee e una mano grande che guida lo script nella sua realizzazione migliore. Condannata a doversi confermare sempre ad alti livelli, la factory fondata da John Lasseter aveva smarrito la via maestra, tra remake e opere che etichettare come minori non è, per una volta, frutto di bieca sottovalutazione. “Toy Story 3 – La grande fuga”, secondo sequel dal mitico capostipite, sembrava aver chiuso tre fecondi lustri in cui si sono susseguiti una serie di film per i quali il termine “capolavoro” non era azzardato. Pertanto, è bene scriverlo a chiare lettere: Inside Out riconsegna la Pixar alle punte di qualità a cui eravamo abituati.
* Summa della filosofia della “casa delle idee”, il quindicesimo lungometraggio pixariano è un originale romanzo di formazione che raggiunge il traguardo di mostrare con sfavillante brillantezza movimenti fisici e oggettivabili da una parte e, dall’altra, interiori e apparentemente invisibili. Dopo aver visto Inside Out bisogna ammettere che la lampadina della celebre abatjour dei Pixar Studios non si è ancora spenta. Il film risulta adattissimo alla visione familiare e può essere utilizzato per discussioni su vari temi di carattere educativo.
(Inside Out) REGIA: Pete Docter, Ronnie Del Carmen. SCENEGGIATURA: Pete Docter, Meg LeFauve, Josh Cooley (Formato: Cinemascope/Colore). MUSICA: Michael Giacchino. PRODUZIONE: Pixar Animation Studios. DISTRIBUZIONE: Walt Disney Pictures. GENERE: Film d’animazione. ORIGINE: USA. ANNO: 2015. DURATA: 95’.
JUNIOR CINEMA: Baby – Teens