” MADRES PARALELAS” La difficile strada per rivendicare la memoria
di Giacomo Mininni
Alice Torna in sala Almodóvar con uno dei suoi film più intensi e politici, Coppa Volpi a Venezia per l’interpretazione di Penélope Cruz, splendido ritratto di una Spagna ancora ferita dal franchismo.
Fin dai suoi esordi, come una specie di spettro mai del tutto evocato ma sempre presente, la memoria è stata un fil rouge del cinema di Pedro Almodóvar, memoria che è innanzitutto memoria storica, quella di un paese uscito troppo tardi da una dittatura militare fascista e che ancora lotta per ricostruire una cultura comune, per sanare le ferite inferte dal regime, per riconciliare fazioni sempre più polarizzate, per guarire.
Memoria e guarigione sono anche gli elementi unificanti della storia di Janis, fotografa che rimane incinta di Arturo, l’antropologo forense che lei aveva assunto per aprire una fossa comune franchista nel proprio paese d’origine in Navarra, e di Ana, un’adolescente piena di paure e rimpianti, sola a far fronte a una gravidanza non voluta né cercata, abbandonata anche dalla madre, Teresa, attrice tutta presa dalla propria carriera. In Madres paralelas, i destini di queste due donne così diverse si incontrano, si sovrappongono, si scontrano, con tutta la solenne potenza di una tragedia greca e con la stessa angosciante ineluttabilità. Penélope Cruz domina la scena con un’interpretazione eccezionale: la sua Janis soffre, ama, sbaglia, ferisce ed è ferita, una donna di carne e sangue che si trova nel paradosso di combattere, da un lato, per svelare segreti a lungo sepolti, e dall’altro per celare verità dolorose e tragiche che le cambierebbero la vita.
Come chiosa la frase del giornalista e scrittore Eduardo Galeano in chiusura del film, però, la storia umana non è mai muta e nessun segreto può rimanere tale per sempre. Seguendo questa chiave di lettura, la storia delle due donne protagoniste è Storia della Spagna tutta, una brillante allegoria che vede tre generazioni a confronto nel chiedere conto di un passato che si vorrebbe consegnato all’oblio e alla dimenticanza, come i corpi nella fossa comune navarrese («La guerra non sarà finita finché l’ultimo corpo non avrà una lapide», dice la protagonista). La Janis di Cruz rappresenta una generazione conscia delle libertà ottenute dopo la caduta del regime, determinata a restituire dignità ai morti e richiedere giustizia per i crimini di una guerra civile ancora fresca nella memoria; la Ana di Milena Smith, più passionale e infantile, vive invece nel disinteresse verso il passato, tutta proiettata verso un futuro del quale però non conosce le radici; la Teresa di una meravigliosa Aitana Sánchez-Gijón, infine, rappresenta la generazione complice, quella dei padri e delle madri borghesi che, perseguendo il proprio interesse soltanto, si sono disinteressati della cosa pubblica dietro una pretesa apoliticità, gravando figli e nipoti del peso delle proprie (non) azioni.
Almodóvar bilancia bene il piano allegorico con quello strettamente narrativo, costruisce una storia terribilmente angosciante di maternità, di solitudine, di colpa e di riscatto, aiutato nella costruzione della tensione e nel coinvolgimento emozionale del pubblico dalle belle musiche di Alberto Iglesias. Il regista spagnolo rimane uno dei pochi capaci di portare emozioni forti sullo schermo evitando accuratamente qualsiasi forma di patetismo o isteria, e Madres paralelas non fa eccezioni, restituendo il dolore di un conflitto che è ancora una ferita aperta, calandone la criticità in un racconto potentemente allegorico senza che la doppia lettura fagociti la bellezza e l’immediatezza della storia umanissima, per quanto surreale, delle protagoniste. Tra contraddizioni e fragilità, la dolorosissima ricostruzione di un percorso ostinatamente aperto alla speranza: uno dei migliori film di Almodóvar.
MADRES PARALELAS di Pedro Almodóvar. Con Penélope Cruz, Milena Smit, Aitana Sánchez-Gijón, Israel Elejalde. Spagna, 2021. Drammatico.
Fonte: Toscana Oggi, edizione del 21/11/2021