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” THE FRENCH DISPATCH” Attori e regista in stato di grazia,
fotografia da manuale

di Marco Vanelli

Come rievocare il giornalismo culturale d’un tempo

Immaginiamo di sfogliare una rivista, una di quelle eleganti e colte dove in passato si sono fatti le ossa fior di letterati e a cui hanno collaborato intellettuali di spicco; ecco, il film di cui parliamo questa settimana nasce con una simile aspirazione: farci provare la sensazione di essere di fronte a un rotocalco d’epoca, con le sue belle foto dai colori desaturati, le illustrazioni raffinate, le rubriche tematiche, la grafica ricercata. In questo caso i periodici americani come il «New Yorker» o il «Saturday Evening Post» sono il modello cartaceo di riferimento, mentre quello cinematografico a cui il regista ha affermato di essersi ispirato è L’oro di Napoli di Vittorio De Sica (per quanto la vera fonte non dichiarata sia L’amore in città, un esempio di film-giornalismo ideato da Cesare Zavattini nel 1953).

Forse è necessario fornire queste premesse per poter apprezzare a pieno l’esperimento di Wes Anderson, regista abituato a creare contaminazioni tra linguaggi, spesso più compiaciuto che convinto. D’altra parte siamo nel pieno dello spirito postmoderno, citazionista e nostalgico, frutto di un’epoca in cui sembra che sia impossibile creare qualcosa di nuovo, ma solo riproporre, con nuova consapevolezza, forme e contenuti già visti e letti nel passato. È una direzione piuttosto sterile verso la quale sono incanalati molti autori di cinema: pensiamo a Tarantino, Sorrentino o Almodovar tanto per citare i più noti. In questo caso, però, il risultato è davvero notevole, forse perché il regista non si prende sul serio e gioca con gli spettatori affascinandoli con ogni tipo di risorsa espressiva che il cinema gli offre: il colore e il b/n d’epoca; il formato classico 4/3 che all’occorrenza può raddoppiarsi e diventare scope; le scritte sullo schermo e l’animazione; l’omaggio al teatro e alle ombre cinesi; i trucchi visivi di un tempo e i talk show degli anni Settanta.

C’è il rischio di perdersi in un simile caleidoscopio, ma l’importante è ricordarsi che stiamo voltando le pagine di un magazine, con le sue sezioni e gli articoli di punta: dal pezzo di colore locale raccolto in bicicletta al reportage su un artista pazzo diventato di culto; dall’inchiesta sul maggio francese ai segreti dell’alta cucina nei ranghi della gendarmerie nationale. Il tutto tra un’introduzione storica che ci racconta com’è nato «The French Dispatch», supplemento culturale di un immaginario quotidiano americano con sede in un’altrettanto immaginaria cittadina francese, Ennui, e un epilogo con un necrologio, com’è d’uopo, nelle ultime pagine. L’annuncio funebre è dedicato, sì, a un personaggio del racconto, ma è da considerarsi come riferito a tutta un’epoca, quella della grande editoria e del grande giornalismo. Il film va gustato con questo spirito, un po’ ludico e un po’ filologico, godendo della straordinaria riuscita visiva così come si va ad assistere a una mostra d’arte, ma anche apprezzando il gusto letterario e narrativo che cambia da un episodio all’altro, dove i dialoghi sono spesso arricchiti di un lessico desueto (quindi buffo) e le storie raccontate hanno il piacere del paradosso e della bizzarria.

Come dice il caporedattore della rivista ai suoi collaboratori, bisogna fare in modo che gli eventuali zoppicamenti della scrittura sembrino una scelta e non un incidente. Lui, artefice di tutta la baracca, ascolta e incoraggia senza giudicare. Preferisce allungare i pezzi che tagliarli, comprensivo e indulgente, capace di integrare e amalgamare i differenti contributi. Come fa un regista. Gli attori – tantissimi grandi nomi – sono tutti al servizio del delizioso progetto, senza protagonismi, divertenti e divertiti loro per primi. Non a caso per giocare e recitare, in inglese come in francese, si usa la stessa parola.

THE FRENCH DISPATCH Regia e scenggiatura: Wes Anderson; fotografia (b/n; colore): Robert Yeoman; costumi: Milena Canonero; interpreti: Bill Murray, Adrien Brody, Benicio del Toro, Tilda Swinton, Frances McDormand, Léa Seydoux; origine: Usa-Germania 2021; durata: 108 min.

Fonte: Toscana Oggi, edizione del 20/11/2021

 

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