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melbourne

 

Un thriller esistenziale iraniano:
coscienze allo sbando e non riconciliate

Amir e Sara, coppia senza figli, stanno per lasciare il paese diretti in Australia per ragioni di studio. L’appartamento è sottosopra in attesa che il rigattiere venga a ritirare la merce già venduta. Il giorno stesso della partenza Sara accetta di badare alla bambina del vicino, neonata, su richiesta della baby sitter che deve allontanarsi per un’urgenza. Mentre il campanello e i telefoni continuano a squillare e la casa si popola di visitatori occasionali venuti per affari o per salutare, Amir si rende conto che la bambina non reagisce ad alcun rumore e capisce che non respira più. Le circostanze lo portano a costruire castelli di bugie, mentre la moglie scivola progressivamente nella disperazione. Quello che poteva essere l’ennesimo caso di morte bianca senza alcun colpevole, diventa la radiografia di un profondo malessere. Il sassolino diventa una frana.

Si potrebbe dire che, nonostante il regime iraniano sia ben lontano dall’essere un esempio di democrazia, il cinema nazionale abbia preso una direzione stranamente autonoma (quindi a rischio) che prevede che ognuno possa dire la sua anche su argomenti considerati tabù. L’esordiente Nima Javidi, trentaquattrenne, ha scelto un argomento che hanno già trattato autori come Jafar Panahi e soprattutto Asghar Farhadi: la coscienza. Senza moralismo né intenti didascalici, Javidi ha espresso un punto di vista, che appare radicalmente pessimista, su persone (cioè su un paese) cui manca l’equilibrio della tranquillità, che porta all’angoscia, alla bramosia di fuga ma, soprattutto, a una mancanza di riconciliazione con se stessi e con il mondo. Se il punto di vista di Farhadi è quello di un analista del presente che non rinuncia a una possibilità futura inserendo personaggi adolescenti che in qualche modo potranno lavorare per cambiare le cose, il cinema da camera di Javidi non lascia scampo e chiude ogni strada a un’ipotesi di cambiamento. “Melbourne” è una storia di coscienze allo sbando che induce lo spettatore a chiedersi se, per persone che facciano determinate scelte, possa esserci da qualche parte nel mondo una qualunque possibilità di riprendere a vivere senza che le tracce del passato tornino a farsi sentire.

Appare evidente come Javidi abbia ben presenti alcuni precedenti famosi. “Nodo alla gola” di Hitchcock, con il party organizzato nell’appartamento in cui è presente un cadavere nascosto nella cassapanca, o “Carnage” di Polanski, con l’incontro-scontro tra due famiglie che passano dalla civiltà al massacro. Ma la nazionalità iraniana comporta implicazioni che travalicano i precedenti: “Melbourne”, che in un certo senso può essere considerato un thriller, parla di una coppia in procinto di partire per l’estero che si ritrova improvvisamente di fronte a una serie di precise responsabilità. E l’idea della partenza diventa comunque prevalente su tutto il resto, che rappresenterebbe nient’altro che un ritardo sulla tabella di marcia. Bisogna sempre tener presente che questa responsabilità non è legata a documenti, oggetti o beni materiali, ma a una neonata che ha avuto la bruttissima idea di morire nel loro appartamento. Ciò porta ad alcune conclusioni: che l’ansia simbolica di Javidi lo conduce a un eccesso di freddezza e cinismo che trasforma il film in un atto d’accusa indebolito dai contorni eccessivamente surreali; che comunque il messaggio arriva forte e chiaro; che non si vede come la soluzione escogitata da Amir possa permettere ai due di lasciare il paese (sulla qual cosa, per altro, Javidi glissa abilmente interrompendo il film con l’inizio del tragitto verso l’aeroporto); che, soprattutto, non si riesce a figurarsi che tipo di esistenza possano Amir e Sara condurre da quel momento in avanti; e che, indipendentemente dalle latitudini, la coscienza allo sbando sta diventando una caratteristica cosmopolita. Di certo “Melbourne”, tutto ambientato all’interno dell’appartamento che pian piano si svuota lasciando i protagonisti soli con se stessi, non consente distrazioni. Soprattutto perché solleva una domanda costante: tu che faresti?

di Francesco Mininni

MELBOURNE (Id.) di Nima Javidi. Con Peyman Moaadi, Negar Javaherian, Mani Haghighi, Shirin Yazdanbakhsh, Elham Korda. IRAN 2014; Drammatico; Colore

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