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miele

GENERE: Drammatico REGIA: Valeria Golino ATTORI: Jasmine Trinca, Carlo Cecchi, Libero De Rienzo, Iaia Forte, Vinicio Marchioni, Roberto De Francesco,Barbara Ronchi PRODUZIONE: Riccardo Scamarcio e Viola Prestieri per Buena Onda, in coproduzione con Les films des tournelles (Francia) e con Rai Cinema DISTRIBUZIONE: BIM  PAESE: Francia, Italia 2013 DURATA: 96 Min USCITA CINEMA: 

E’ la storia di Irene, una giovane trentenne che ha una vita tutta particolare ed ha un’attività altrettanto particolare: aiuta a morire le persone che, malate terminali, non ce la fanno più a sopportare le atroci sofferenze che stanno subendo; ovviamente fa parte di una associazione clandestina nella quale ci sono anche medici ed infermieri e si occupa di tutto, dal reperimento del potente barbiturico che si trova solo in Messico (gli altri Paese lo hanno messo all’indice) all’assistenza ed alle spiegazioni di tutta la procedura che la ragazza fa al/alla malato/a ed al familiare che si trova in casa ad assisterla.

All’inizio del film la troviamo intenta ad “assistere” una donna e possiamo ammirare la grande professionalità della ragazza che assiste la paziente fino al momento della sua morte (non si vede mai la morte di un paziente).

Dopo l’intervento, come a voler scaricare le energie represse durante la permanenza nella casa in cui si svolge l’operazione, la ragazza .- che nel suo ambiente viene chiamata Miele – sente il bisogno di sfogare le tensioni accumulato e lo fa nuotando freneticamente o andando in bicicletta o facendo violentemente l’amore con uno dei suoi partner.

Un giorno Irene viene mandata a casa di un ingegnere, che “vuole fare tutto da solo”, cioè desidera morire senza che ci sia nessuno presente; sulle prime la ragazza è perplessa trattandosi di una procedura inusuale, ma poi si lascia convincere e gli consegna il flacone con il barbiturico; dopo poco tempo viene a sapere che l’uomo non è affatto malato (“sono sano come un pesce” dirà alla ragazza) ma vuole togliersi dal mondo perché stanco della vita. Irene non ci sta a essere presa in giro e tra i due nasce una schermaglia idealogica che poi assume le sembianze di uno scontro fisico.

Si precipita dall’ingegnere e, dopo avergli riportato i soldi del suo compenso, gli chiede la restituzione del flacone, ma è tutto inutile; l’ingegnere non molla e la liquida con poche battute.

Tra i due prende corpo un dialogo che diventa un confronto, dal quale viene fuori che l’uomo sta pensando seriamente al suicidio perché ha perso interesse per ogni cosa, “tutto è così noioso”!!

L’ultimo intervento al quale assistiamo è quello che Irene è chiamata a fare su un ragazzo gravemente handicappato che la guarda insistentemente e le confida di averla sognata; Irene non riesce a mantenere l’abituale freddezza ma sembra partecipare emozionalmente alle varie fasi dell’operazione, arrivando ad andarsene prima della fine dell’intervento, cosa gravissima che Irene vive con sincero rammarico; ma veramente la ragazza non ce la faceva più a stare in quella camera.

Cerca ancora l’ingegnere e con lui ha molti scambi di idee, che la portano a provare dell’affetto puro e sincero per l’anziano signore, affetto che sembra ricambiato; l’ingegnere le restituisce un astuccio che lei aveva dimenticato a casa sua e Irene s’accorge che tra le varie cose che gli ha riportato, c’è anche il fatidico flacone della morte; la ragazza sorride contenta, come se l’ingegnere avesse smesso di pensare al suicidio, ma poi ha come un tragico presentimento: corre a casa dell’ingegnere e vede da lontano una folla che si è radunata; capisce che è accaduto qualcosa di grave e si accorge che l’uomo si è gettato dalla finestra e si è sfracellato al suolo; quindi si è suicidato ma non l’ha fatto con i “mezzi” di Irene per la paura che la ragazza si sentisse in colpa.

Nell’ultima sequenza troviamo Irene che si è imbarcata su una nave diretta in Turchia per andare nella Moschea di Solimano e provare – come le aveva suggerito l’ingegnere – a vedere se il piccolo pezzetto di carta che lei depone a terra si alza verso la cupola; e mentre se ne sta andando, il foglio vola veramente e raggiunge la cupola; la ragazza si allontana sorridendo.

Quindi il film inizia con una “morte indotta” e termina con una specie di “miracolo”; all’interno di questo arco strutturale abbiamo la mutazione di Irene che dalla fredda professionista che distribuisce l’oblio eterno a coloro che soffrono troppo per resistere, arriva a partecipare all’ultima operazione in modo completamente nuovo: si lascia coinvolgere, ci partecipa totalmente e non riesce ad arrivare alla fine, cioè a vedere il ragazzo morire.

Quindi, possiamo abbozzare una idea centrale che recita, grosso modo, così: coloro che pensano che sia utile e importante aiutare coloro che soffrono a morire serenamente, sono indotti a cambiare atteggiamento e modo di pensare quando trovano qualcuno che gli fa scoprire l’indispensabilità degli affetti e delle relazioni; e così torna ad essere un “normale” essere umano che non distribuisce la morte ma al contrario cerca di lenire le sofferenze con gli affetti e le buone parole.

Il film è ben realizzato dall’esordiente Valeria Golino che mi è sembrata un importante acquisto per il nostro cinema ed ha trovato in Jasmine Trinca una validissima interprete che non viene schiacciata dalla preponderante bravura di Carlo Cecchi, nel ruolo dell’ingegnere.

Per concludere possiamo dire che “Miele” tocca corde e temi che, in un paese come il nostro più ancora che in altri, sono ad alto rischio di polemiche e strumentalizzazioni. Ma la neoregista, che qui sceneggia anche e rinuncia con intelligenza al voler apparire sullo schermo, mostra una determinazione e una misura che la mettono al riparo dalle critiche più ideologiche.

Franco Sestini

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